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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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servando la cittadinanza, potevano accedere a tali beni per le loro necessità<br />

di sussistenza. Certo il contesto storico e politico era ormai molto cambiato, e<br />

non è questa la sede per procedere a un’analisi di questi altri due registri. Ciò<br />

che qui ci interessa è che la comunità di Onore non avrebbe sferrato un attacco<br />

dritto al cuore dei privilegi dei da Fino, cercando di privarli definitivamente<br />

di quella piccola residua distinzione che ancora li innalzava un po’ al di<br />

sopra degli altri valleriani, se non avesse già risolto il problema, ben più banale,<br />

dei dazi. E infatti nelle controversie successive al Quattrocento non si trova<br />

più alcun riferimento alla questione delle imposte indirette, che evidentemente<br />

era stata chiusa da tempo, e in modo soddisfacente per i «vicini».<br />

Certo anche gli uomini di Onore dovettero pure fare qualche concessione<br />

per poter concludere la vertenza. E in effetti qualche traccia di questi compromessi<br />

la si trova nelle fonti, se le si legge con un po’ di attenzione cercando<br />

di andare oltre le apparenze. Particolarmente interessante a questo proposito<br />

è il capitolo 90 dello Statuto di Onore: «si è stabilito e ordinato di mettere<br />

all’incanto la grattarola di quei da Fino che abitano nei confini del Comune<br />

di Fino, a partire dal prossimo primo gennaio per un anno, con questi patti:<br />

che l’appaltatore non possa accordare a nessuno di pagare meno di 4 denari<br />

per lira per le vendite e gli acquisti, 5 denari per ogni «peso» di formaggio»<br />

e 5 denari per ogni «peso» di carne venduta senza pelle, sotto la pena di<br />

200 ducati da pagare al Comune di Onore» 182 . La rubrica proseguiva concedendo<br />

ai consoli di Onore il potere di chiedere all’appaltatore di giurare solennemente<br />

a garanzia di questo impegno.<br />

Che senso attribuire a questa disposizione? Perché il dazio della grattarola<br />

delle contrade di Onore e Songavazzo veniva riscosso da un unico appaltatore,<br />

mentre la contrada di Fino doveva avere un suo conduttore? In apparenza<br />

per il Comune di Onore non faceva alcuna differenza. Nel capitolo si specificava<br />

infatti, a scanso di equivoci, che il conduttore della grattarola di Fino<br />

«è tenuto a pagare al caneparo secondo le ordinanze del Comune», cioè che il<br />

prezzo dell’appalto veniva come sempre incamerato dal Comune di Onore,<br />

attraverso il suo caneparo, l’ufficiale incaricato della riscossione di tutti i crediti<br />

comunali. Nulla di particolare quindi, ma allora non si vede la ragione di<br />

questa distinzione. Immaginiamo però per un momento - anche se, è bene<br />

specificarlo, non abbiamo nessuna indicazione in proposito - che il conduttore<br />

della grattarola di Fino fosse un da Fino, o una persona di fiducia della parentela.<br />

Come si è visto nel primo capitolo, gli appaltatori, una volta saldato il<br />

loro debito con il Comune che aveva messo all’incanto le imposte, ne inta-<br />

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