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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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4. I da Fino, i «vicini» di Onore e i beni comunali<br />

I da Fino, insomma, avevano esagerato. Le difficoltà economiche legate<br />

alla moltiplicazione dei nuclei familiari e alla frammentazione dei patrimoni<br />

li avevano spinti ad approfittare un po’ troppo della tolleranza concessa loro in<br />

materia di dazi, e a rompere così i delicati equilibri locali.<br />

I «vicini» di Onore, del resto, non si comportarono molto meglio. All’inizio<br />

degli anni ’60 essi tentarono di escludere i da Fino dallo sfruttamento dei<br />

beni comunali di Onore. Gli Statuti di Bergamo prevedevano per i cittadini<br />

che avevano proprietà nei Comuni rurali il diritto di partecipare al godimento<br />

dei beni comunali «pro rata possessionum», cioè in maniera proporzionale<br />

ai loro possedimenti in loco. Questa disposizione era rimasta valida anche dopo<br />

l’annessione allo Stato veneziano, perché la Dominante aveva sempre dimostrato<br />

grande rispetto per le fonti locali del diritto, primi fra tutti gli Statuti<br />

cittadini.<br />

Il capitolo statutario, tuttavia, era piuttosto vago, e col tempo si dimostrò<br />

sempre più inadeguato. I beni comunali - prati, pascoli e superfici boschive -<br />

venivano utilizzati dalle comunità per integrare la loro dieta con i prodotti del<br />

bosco (in particolare le castagne), per pascolare le bestie, per fare legna. Una<br />

certa porzione, in alcuni casi anche piuttosto rilevante, di tali beni veniva però<br />

abitualmente data in concessione a privati dietro corresponsione di un affitto.<br />

I proventi che ne derivavano venivano divisi tra i «vicini». Gli Statuti di<br />

Bergamo non contemplavano questa eventualità, e non specificavano se alla<br />

spartizione dei redditi dei beni comunali dovessero partecipare anche i cittadini<br />

che possedevano terre nei Comuni rurali. Anche in questo caso, come<br />

per la questione più generale della posizione fiscale dei cittadini «extra civitatem»,<br />

la materia era disciplinata dalle consuetudini locali e dagli accordi informali.<br />

Ai da Fino, a quanto sembra, era permesso usufruire in libertà dei beni<br />

comunali per le loro necessità personali e familiari; essi, in cambio, rinunciavano<br />

per lo più a pretendere la propria parte nella distribuzione degli<br />

utili delle concessioni 130 .<br />

All’inizio degli anni ’60, improvvisamente, gli accordi saltarono. Gli uomini<br />

di Onore decisero che i da Fino, dal momento che, in quanto cittadini, non<br />

facevano parte della comunità, non avevano neppure diritto ad accedere ai<br />

beni comunali. La parentela, da parte sua, rivendicò il proprio diritto a partecipare<br />

alla divisione dei redditi delle proprietà comunali. Le due parti scelsero<br />

allora di rivolgersi alle autorità veneziane e, in questo modo, ruppero l’equi-<br />

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