05.06.2013 Views

Scarica gratis - AgenziaX

Scarica gratis - AgenziaX

Scarica gratis - AgenziaX

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

fa un solo nome: Hitchcock. E lo fa quasi con rimpianto, come avvertendo<br />

una mancanza difficile da colmare. È un riferimento sorprendente<br />

e, a suo modo, rivelatore. Ci dice che Dick sente il mondo di Hitchcock<br />

molto più vicino al suo di quanto siamo soliti pensare. E ci ricorda<br />

che Hitchcock era stato – prima di lui – un grande narratore di universi<br />

– e di individui, e di vite – “che cadono a pezzi”. Forse si potrebbe rileggere<br />

tutto il cinema dickiano come l’ideale prosecuzione del nichilismo<br />

hitchcockiano. Morto troppo presto per vedere le sue visioni trasferite<br />

sullo schermo (Dick, come è noto, muore nel marzo del 1982, dopo<br />

aver visto solo il primo rullo, incompleto, di Blade Runner), Dick in<br />

realtà ha prefigurato il cinema del futuro. L’ha fatto con sguardo acuto e<br />

lungimirante. Tanto avanti sui tempi che il cinema del suo tempo non si<br />

è quasi accorto di lui. (Gianni Canova)<br />

città<br />

Philip K. Dick era un animale urbano. Metropolitano no, ma urbano sì.<br />

Nato a Chicago, si trasferì a nove anni in California per non abbandonarla<br />

più: lì non visse mai nelle due grandi città dello stato, San Francisco<br />

e Los Angeles, piuttosto in centri piccoli o medi attorno a esse<br />

(Berkeley, in cui trascorse parte dell’infanzia, l’adolescenza e la prima<br />

giovinezza, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta aveva attorno ai 110.000<br />

abitanti; una dimensione analoga avevano le cittadine dell’Orange<br />

County in cui visse negli ultimi anni della sua vita, Fullerton, Anaheim e<br />

Santa Ana). L’unica eccezione furono gli anni tra il 1958 e il 1963, trascorsi,<br />

prima con Kleo e poi con Anne, a Point Reyes Station, un centro<br />

veramente minuscolo (poche centinaia di abitanti) a nord di San Francisco.<br />

Agorafobia e altre paranoie lo tenevano lontano dalle metropoli,<br />

ma ciò non gli impediva di comprendere il valore della vita nelle città:<br />

Ti perdi in fantasticherie, Stuart. La campagna è sterile, perderesti il<br />

flusso d’idee che si crea in città. Là non succede niente: non fanno altro<br />

che coltivare i campi e ascoltare il satellite. E comunque, in campagna<br />

rischieresti di trovarti di fronte ai vecchi pregiudizi contro i negri. Sono<br />

tornati indietro, in questo senso. [...] È uno dei più grossi miti che siano<br />

mai esistiti, quello della superiorità della campagna. Sono certo che dopo<br />

una settimana ti vedrei tornare qui.<br />

(→ Cronache del dopobomba, cap. 9)<br />

Si può restare perplessi a leggere un elogio della città rispetto alla campagna<br />

in un romanzo tutto centrato attorno alla comunità rurale di Ma-<br />

117

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!