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La svastica sul sole → L’uomo nell’alto castello<br />

La trasmigrazione di Timothy Archer<br />

Titolo originale: The Transmigration of Timothy Archer (1982).<br />

Ispirato a: la vita del vescovo della Chiesa episcopale James Pike, amico di<br />

Dick, impegnato nella lotta contro il razzismo e nel rinnovamento del cristianesimo,<br />

morto nel deserto israeliano nel 1969.<br />

Terza parte della trilogia di VALIS, e ultima opera scritta da Dick, la Trasmigrazione<br />

è fondamentalmente un romanzo mainstream, in cui un solo elemento<br />

potrebbe avere una valenza fantastica: l’immaginaria setta degli Zadochiti e i loro<br />

testi gnostici risalenti al 200 a.C., dove si parla del misterioso anokhi.<br />

Tutto inizia un giorno ben preciso, l’8 dicembre 1980, quando venne assassinato<br />

John Lennon. Proprio quel giorno, mentre le radio di tutti gli Stati Uniti<br />

(e del mondo) mandano incessantemente canzoni dei Beatles, Angel Archer si<br />

reca nella casa galleggiante di Edgar Barefoot, il classico santone new-age della<br />

California primi anni Ottanta, un misto di carisma e ciarlataneria. Angel ha alle<br />

sue spalle una vita complicata e devastata, rappresentativa della generazione<br />

freak e controculturale degli anni Sessanta e Settanta: impegno politico e civile,<br />

droghe, proteste, rifiuto dei ruoli tradizionali, in primis quello di madre di famiglia.<br />

Sposata a Jeff Archer, figlio del vescovo Timothy, un prestigioso leader<br />

del movimento dei diritti civili (ritratto di Jim Pike, carissimo amico di Phil),<br />

Angel è legata al prelato anche per via della sua amica Kirsten Ludborg, che diventa<br />

l’amante del vescovo.<br />

Quest’ultimo è tanto progressista in politica quanto non ortodosso nelle<br />

questioni religiose: quando vengono scoperti in Israele i rotoli Zadochiti (trasparente<br />

allusione ai reali manoscritti rinvenuti a Nag Hammadi nel 1946), la<br />

cui datazione fa sospettare che molto di ciò che è stato attribuito a Cristo fosse<br />

stato predicato già duecento anni prima da una setta dimenticata, il vescovo Timothy<br />

si getta a capofitto nella ricerca della verità, nel tentativo di capire cosa<br />

sia l’anokhi di cui parlano i papiri ritrovati. Di qui in poi, la vicenda si fa sempre<br />

più tragica: Jeff si suicida, Kirsten si scopre ammalata di cancro e decide di togliersi<br />

la vita, il vescovo Archer, screditato ed emarginato dalla sua stessa Chiesa<br />

per le sue posizioni sempre più eretiche (giunge a identificare l’anokhi degli Zadochiti<br />

con un fungo allucinogeno che permette realmente di “vedere Dio”), si<br />

reca nel deserto israeliano in un maldestro tentativo di trovare altri documenti,<br />

ma incontra solo una morte accidentale.<br />

Di tutta la comunità ritratta dal romanzo restano solo Angel, amareggiata e<br />

stanca, e il figlio ebefrenico di Kirsten, Bill. Quest’ultimo è protagonista del<br />

grande colpo di scena conclusivo, quando si dichiara reincarnazione del vescovo<br />

Archer e comincia a citare le Sacre Scritture a memoria. Vera trasmigrazione<br />

o delirio psicotico? Angel, forse il personaggio più concreto e realistico tra i<br />

tanti che Dick ha creato, rifiuta di credere alla reincarnazione ma prende l’impegno<br />

di assistere Bill, e questo è il suo modo di onorare gli amici morti.<br />

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