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gola di un ammasso di persone, una glossolalia collettiva. Decadimento<br />

e rovina perciò, in Noi marziani, si presentano in prima battuta sub specie<br />

linguistica. Paradossalmente, per certi versi, dato che a Manfred è<br />

preclusa, per effetto del suo autismo, proprio la dimensione del linguaggio;<br />

ma significativamente, visto che il disordine e lo sfacelo non<br />

sono evidenze dirette nell’esperienza dei personaggi, ma passano attraverso<br />

la mediazione di Manfred stesso.<br />

Ma gli androidi segna invece l’ingresso del processo di disorganizzazione<br />

del mondo nell’esperienza viva dei personaggi. Anche qui, naturalmente,<br />

c’è bisogno di una mediazione, di un personaggio a cui affidare<br />

la presentazione del processo, e questi è John R. Isidore, lo “speciale”,<br />

il “cervello di gallina”, che meglio di tutti può esemplificare uno<br />

stato di decadimento che lui pare percepire più degli altri ma che è<br />

esperienza comune. Il kipple (questo è il nuovo neologismo dickiano) si<br />

presenta quindi per la prima volta nel romanzo a proposito del palazzo<br />

di Isidore:<br />

Abitava da solo, in questo palazzo cieco e sempre più fatiscente, tra mille<br />

appartamenti disabitati. Un edificio che, come tutti quelli simili, cadeva,<br />

di giorno in giorno, in uno stato sempre maggiore di rovinosa entropia<br />

[into greater entropic ruin]. Con il tempo tutto ciò che c’era nel<br />

palazzo si sarebbe fuso – una cosa nell’altra – avrebbe perso individualità,<br />

sarebbe diventato identico a ogni altra cosa, un mero pasticcio di<br />

palta [mere pudding-like kipple] ammonticchiato dal pavimento al soffitto<br />

di ogni appartamento. E dopo di ciò lo stesso palazzo, senza che<br />

nessuno ne curasse la manutenzione, avrebbe raggiunto uno stadio di<br />

equilibrio informe, sepolto dall’ubiquità della polvere.<br />

(Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, cap. 2)<br />

Ed è sempre Isidore a dare la definizione di kipple a enunciarne le leggi:<br />

162<br />

La palta è fatta di oggetti inutili, inservibili, come la pubblicità che arriva<br />

per posta, o le scatole di fiammiferi dopo che hai usato l’ultimo, o gli<br />

involucri delle caramelle o l’omeogiornale del giorno prima. Quando<br />

non c’è più nessuno a controllarla, la palta si riproduce. Per esempio,<br />

quando si va a letto si lascia un po’ di palta in giro per l’appartamento,<br />

quando ci si alza il mattino dopo se ne ritrova il doppio. Cresce, continua<br />

a crescere, non smette mai.<br />

[...]<br />

C’è la Prima legge della Palta. “La palta scaccia la nonpalta.” [Kipple<br />

drives out nonkipple] Come la legge di Gresham sul denaro falso.<br />

(Ivi, cap. 6)

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