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tale, Des Moines, e Chip cerca di raggiungerlo in una specie di viaggio che prima<br />
di essere fisico è neontologico, regressivo: un’auto moderna diventa una La-<br />
Salle del 1939 e poi una Ford T del 1929, gli abiti regrediscono insieme alla<br />
struttura degli edifici e i giornali recano la notizia che i francesi hanno sfondato<br />
la linea Sigfrido. Di spiegazione in spiegazione, ognuna delle quali nega la precedente,<br />
si arriva a capire dapprima che è Pat a guidare la regressione temporale,<br />
poi che tutti sono morti ma immersi nella semivita del Moratorium e che i<br />
messaggi di Runciter sono i disperati tentativi di lui, vivo, collegato agli apparecchi,<br />
per entrare in contatto con loro; e alla fine che la regressione è opera di<br />
Jory, e può essere fermata solo dal misterioso Ubik. A questo punto il testo scivola<br />
fuori da se stesso, s’infila nel metatesto: le epigrafi che introducono i capitoli<br />
altro non sono che spot pubblicitari che invitano al consumo di Ubik, che di<br />
volta in volta è un apparecchio elettrico, un deodorante e così via. Infine, la rivelazione:<br />
nel mondo dei semivivi è in corso una lotta perenne fra i non-morti<br />
buoni e quelli malvagi, di cui Jory è un rappresentante. Ella Runciter, che Chip<br />
abborda per strada nel suo vagabondare psichedelico, lo rifornisce di Ubik e gli<br />
spiega la verità. Il simbolico finale, introdotto da un’epigrafe pubblicitaria che<br />
media il Vangelo giovanneo con il Tao di Lao Tse, ma che contempla Ubik quale<br />
divinità, è semplicemente agghiacciante: al tecnico che ripristina i contatti con<br />
Ella, Runciter dà alcune monete di mancia. Ma le monete hanno impresso il volto<br />
di Joe Chip... Segno che anche la realtà vera sta cambiando?<br />
Ubik è un romanzo eccezionale, in cui Dick smantella le coordinate del lettore<br />
sprofondandolo in questa impossibile regressione, appena determinabile<br />
da Ubik, una sostanza che è ubiqua ma consustanziale a tutte le altre sostanze, o<br />
meglio è, in senso aristotelico, la “sostanza prima”, la “sostanza in senso forte”<br />
a cui tutte le categorie si riferiscono; nel contempo Ubik nasconde dietro di sé<br />
la macchina della realtà che differisce, platonicamente, in nome e oggetto, in<br />
forma e sostanza; un’insanabile contraddizione filosofica, la stessa questione<br />
degli Universali a cui Joe Chip si riferisce, e che magistralmente Dick riesce a<br />
sanare. Con una dichiarazione d’amore per l’orso di Milne. (C.A.)<br />
Temi: amnesia/anamnesi; Dio; donne; media; memoria; merce; poteri psi;<br />
realtà/illusione; religione; scienza; tempo; trame e personaggi; vita/morte.<br />
Ubik. La sceneggiatura<br />
Titolo originale: Ubik. The Screenplay (1985).<br />
Per presentare questo testo è necessario raccontarne la genesi più che la trama<br />
(praticamente identica a quella del romanzo, mutatis mutandis). Tutto inizia nel<br />
settembre del 1974, quando il regista francese Jean-Pierre Gorin si reca in visita<br />
da Philip Kindred Dick, che all’epoca s’era trasferito da Berkeley a Los Angeles.<br />
Gorin non apparteneva al mondo di Hollywood ma a un gruppo sperimentale<br />
chiamato Dziga Vertov Group, del quale, alla fine degli anni Sessanta, avevano<br />
fatto parte anche Jean-Luc Godard e Anne-Marie Miéville. Niente di strano<br />
che fosse stato affascinato da Ubik e proponesse allo scrittore di acquistarne<br />
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