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La moglie, Ellen, è una donna modesta e nonostante gli abbia dato un<br />

figlio Stuart non trova in lei la persona capace di riempire quel vuoto interiore<br />

che percepisce dentro di sé. Sally, la sorella maggiore, rappresenta<br />

la gemella Jane, ed è una figura protettiva e comprensiva, carica di affetto<br />

per il fratello minore. Nel suo tumultuoso romanzo di formazione<br />

Stuart rivela la propria immaturità subendo il fascino di personaggi forti<br />

come Marsha Frazer, direttrice di una rivista fascista, e Theodore<br />

Beckheim, un predicatore nero a capo della Society of the Watchmen of<br />

Jesus. Quando Stuart esagera nel suo lasciarsi andare viene licenziato e<br />

inizia la discesa nelle tenebre. Neppure questo romanzo sarà pubblicato,<br />

e a Philip non rimase che continuare a scrivere storie di fantascienza.<br />

Nel 1953, nello stesso periodo in cui concludeva Voices from the<br />

Street, Dick iniziò a scrivere uno strano romanzo a metà tra la fantascienza<br />

e il fantasy, A Glass of Darkness, il cui titolo riprende una citazione<br />

dalla Prima Lettera ai Corinzi di san Paolo in cui è scritto: “ora vediamo<br />

come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo<br />

faccia a faccia”, un concetto che sarà ripreso anche in seguito e darà il titolo<br />

a uno dei suoi ultimi grandi romanzi, A Scanner Darkly, apparso in<br />

italiano come Un oscuro scrutare. A Glass of Darkness sarà pubblicato<br />

dopo qualche anno, nel 1956, e acquisterà un titolo meno evocativo e<br />

colto, The Cosmic Puppets, che potrebbe suonare come “marionette cosmiche”...<br />

mentre in Italia appare come La città sostituita. Considerato<br />

tra i più brutti romanzi di Dick, La città sostituita ha invece un certo fascino<br />

ed è una specie di laboratorio narrativo i cui risultati saranno riutilizzati<br />

meglio in romanzi successivi. La piccola cittadina di provincia<br />

della Virginia, Millgate, si presenta al protagonista e al lettore esattamente<br />

come la californiana Santa Mira di L’invasione degli ultracorpi:<br />

una città estranea, popolata da persone che hanno perduto la propria<br />

identità, una comunità solo apparentemente normale. Dick riesce a far<br />

convergere l’impianto sociologico su una tematica religiosa molto complessa,<br />

quella della divinità creatrice e regolatrice della realtà stessa. Nonostante<br />

si trovi solo agli inizi della carriera di scrittore, Dick inserisce<br />

già nel suo primo romanzo di fantascienza un elemento fondamentale<br />

della propria narrativa, ovvero la consapevolezza che quella che noi<br />

percepiamo come realtà altro non è che apparenza. Questo tema non<br />

sarà mai una mera riproposizione del classico tema della relatività della<br />

percezione ispirato al filosofo George Berkeley, ma una riflessione radicale<br />

sulla struttura dello spazio-tempo. L’approccio di Dick è insolitamente<br />

materiale e non si limita a svelare che la realtà che crediamo reale<br />

invece è fittizia o, come accade nella letteratura di matrice realista, che i<br />

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