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Scritto nel 1962, L’androide Abramo Lincoln inizia come romanzo di<br />

fantascienza tradizionale per poi evolversi in una storia sulla fragilità di<br />

un’intera generazione. Di fronte alla saggezza di androidi capaci di riprodurre<br />

le grandi personalità politiche della Guerra civile, gli uomini<br />

manifestano tutta la loro incertezza esistenziale. In una società altamente<br />

controllata e totalitaria le persone non possono vivere liberamente:<br />

sono sottoposte ad ambigui test per dimostrare il loro grado di umanità,<br />

che preannunciano quella gestione chimica dell’ordine pubblico che<br />

oggi trionfa negli Stati Uniti. Dick era stato a Disneyland, dove aveva visitato<br />

una ricostruzione dell’epoca di Lincoln, da cui trasse l’idea di robot<br />

repliche di personaggi storici talmente perfezionati da essere indistinguibili.<br />

Dick aveva già riflettuto in molti racconti sui meccanismi<br />

della coscienza artificiale e della sottile linea di confine tra umano e non,<br />

ribaltando abbastanza rapidamente il topos della rivolta di macchine<br />

cattive e mostrando, come fa anche in questo romanzo, che proprio le<br />

creature artificiali possiedono un’umanità che gli stessi umani stanno<br />

perdendo. Il tema si interseca con la dialettica tra percezione e realtà,<br />

così delicata e influenzabile da farmaci e terapie, individuando il luogo<br />

della mente come sede d’incontro e di dialogo tra razionalità e allucinazione.<br />

Sullo sfondo di quest’ultima Dick opera la rilettura della propria<br />

vita, mostrandoci la capacità di strutturare in elementi narrativi la sua<br />

quotidianità, il suo complesso rapporto con Anne e l’incontro, da paziente,<br />

con l’universo della psichiatria e della psicoanalisi. L’androide<br />

Abramo Lincoln appare come il diario della sua immaturità affettiva e<br />

delle scelte, effettivamente difficili, operate per sfuggire con ogni mezzo<br />

a una vita borghese. Una vita che lo attrae e che, contemporaneamente,<br />

lo spaventa, e su cui opera una trasfigurazione distorta e inquietante.<br />

Per vedere la luce L’androide Abramo Lincoln dovrà attendere l’edizione<br />

della Daw del 1969 ma intanto, a ruota, Dick scrisse un altro dei<br />

suoi romanzi fondamentali, Noi marziani. Il titolo originale, Martian Time-Slip,<br />

richiama il concetto di un tempo che si sposta e abbandona la<br />

propria oggettività. Nonostante il romanzo si strutturi (come quasi tutti<br />

quelli di questo periodo) sulla coralità dei punti di vista, il giovane Manfred<br />

Steiner è il personaggio su cui Dick concentra gli elementi narrativi<br />

più importanti. Manfred è un bambino autistico, vive indifferente alla<br />

vita che ruota attorno a lui; secondo la teoria espressa nel romanzo, l’autismo<br />

è una difficoltà ad allineare il tempo della propria mente con<br />

quello esterno. Manfred si trova a vivere in un tempo rallentato mentre<br />

il mondo circostante, muovendosi a velocità normale, diventa per lui<br />

impercettibile. Lo psichiatra che espone la teoria, il dottor Glaub, ele-<br />

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