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attivi. Al pari di una persona sotto l’effetto dell’Lsd, lo schizofrenico è<br />

imbottigliato in un presente infinito. Non è tanto divertente.<br />

(Dick 1965, pp. 216-217; per Pauli e la sincronicità → scienza)<br />

La schizofrenia autistica di Manfred in Noi marziani, in effetti, ha a che<br />

fare con il tempo; o meglio, questa è la spiegazione dell’autismo proposta<br />

da una nuova teoria svizzera che il dottor Glaub (→ psichiatria)<br />

espone al padre di Manfred, Norbert Steiner, nel capitolo 3. Secondo<br />

questa teoria l’autistico è incapace di vivere nel mondo che lo circonda<br />

perché per lui questo mondo è troppo accelerato: lui vive secondo un<br />

tempo incommensurabilmente più lento, che gli rende impossibile vedere<br />

gli oggetti e ascoltare i suoni. Questa teoria diventa in breve, quasi<br />

impercettibilmente, la “verità” sull’autismo di Manfred, e quindi il motore<br />

della → trama del romanzo. In realtà è Arnie Kott che ipotizza, senza<br />

conoscere la teoria, che la schizofrenia possa essere collegata con la<br />

precognizione, e collega l’ipotesi con la → religione dei bleekmen che<br />

consultano un oracolo per prevedere il futuro (cap. 6); durante il successivo<br />

incontro con Glaub a cui è presente anche Jack Bohlen (cap. 7)<br />

Arnie conclude che Manfred è in grado di prevedere il futuro e commissiona<br />

a Jack la costruzione di una “camera rallentata” che gli consenta<br />

di registrare le visioni del ragazzo. La camera non verrà mai costruita e<br />

le capacità precognitive di Manfred si esplicheranno in altro modo.<br />

Se ci siamo dilungati su questo filone narrativo di Noi marziani non è<br />

solo perché esso è indicativo di una modalità dickiana di costruzione<br />

delle trame (particolari apparentemente privati diventano costitutivi della<br />

realtà narrativa, in uno slittamento dall’epistemologia all’ontologia<br />

che è caratteristico dell’autore), ma anche perché esso allude a una metamorfosi<br />

dell’autismo di Manfred rilevante sia per il romanzo sia per la<br />

concezione che Dick ha della schizofrenia. Quella che all’inizio del romanzo<br />

appare una pura e semplice patologia di Manfred si rovescia proprio<br />

a questo punto (tra i capp. 6 e 7) in una qualità positiva, in un’abilità<br />

che può avere un valore sociale. Certo, Arnie è un capitalista rapace (→<br />

capitale/lavoro) e un pirata, perciò vuole sfruttare Manfred per i suoi interessi<br />

privati, ma Dick suggerisce che la sua ipotesi sulle capacità del ragazzo<br />

è giusta. Questo è un elemento costante della visione che Dick ha<br />

della schizofrenia. Essa, certo, è freddezza e distanza, come nelle darkhaired<br />

girl con tratti schizoidi di cui la sua narrativa abbonda e di cui Pris<br />

Frauenzimmer (→ donne) è un emblema. Eppure nello/a schizofrenico/a<br />

Dick vede anche una concentrazione particolarmente attiva degli<br />

elementi più specificamente umani, quelli della creazione e della rifles-<br />

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