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Prima dei romanzi religiosi della fine degli anni Settanta, l’opera in<br />

cui questa struttura è più manifesta è senza dubbio → Tempo fuor di sesto.<br />

Ragle Gumm non è un → androide, quindi il problema, con lui, non<br />

è tanto quello di installargli da zero falsi ricordi, quanto quello di privarlo<br />

della memoria della sua vita da adulto e riportarlo al mondo della sua<br />

infanzia, come se lui non si fosse mai mosso dal luogo in cui era nato. Paradossalmente,<br />

la falsità di Old Town (→ città) dipende dall’estrema fedeltà<br />

all’atmosfera dei luoghi conosciuti da Ragle quando era piccolo;<br />

paradossalmente, l’amnesia di Ragle dipende dalla fedeltà ai suoi ricordi<br />

d’infanzia. Ma allora, come giungere all’anamnesi? Il problema è lo stesso<br />

che ha Jennings in Previdenza. Ma la situazione di Jennings è differente:<br />

lui sa in anticipo che gli verrà tolta la memoria – non solo: viaggiando<br />

nel tempo, sa già quello che potrà fare, uscito dalla Rethrik, senza ricordare<br />

quello che ha fatto. E quindi si precostituisce, prima dell’amnesia,<br />

l’insieme di oggetti che non solo gli permetteranno di cavarsela, ma che<br />

potranno guidarlo nell’anamnesi. Ragle Gumm non può fare niente di simile,<br />

perché non ha alcuna coscienza della sua amnesia, né presente né<br />

futura. Perciò questa volta ci dev’essere un intervento esterno, qualcuno<br />

che dissemini sulla sua strada gli indizi che possano innescare il processo<br />

di recupero della memoria: e infatti sono i ribelli lunatici infiltrati a Oldt<br />

Town che si preoccupano di fargli trovare i bigliettini, l’elenco telefonico<br />

eccetera, cioè gli equivalenti dei sette oggetti magici di Jennings.<br />

In qualche modo, come è chiaro, una narrativa incentrata sul meccanismo<br />

amnesia/anamnesi si basa su due presupposti: 1) che ci sia una<br />

realtà autentica che è oggetto del ricordo, e che possa essere raggiunta<br />

con l’anamnesi, e una o più realtà contraffatte, fasulle, create dalla o per<br />

l’amnesia; 2) che ci sia un soggetto in grado (da solo o con l’aiuto di<br />

agenti esterni) di innescare l’anamnesi e stabilire qual è la realtà autentica<br />

e quale quella simulata. In altre parole, occorrono un’ontologia “oggettivistica”,<br />

che postuli, sotto il velo di Maya, una realtà stabile e “vera”,<br />

e un’epistemologia altrettanto stabile, che presupponga nell’uomo<br />

strumenti atti a fargli raggiungere quella realtà. Ma all’inizio degli anni<br />

Sessanta entrambe queste premesse, per Dick, cominciano a vacillare.<br />

Per primo → L’uomo nell’alto castello, e poi → Le tre stimmate, →<br />

Ubik, → Labirinto di morte insinuano il dubbio che la struttura della<br />

realtà non sia così solida, che sia mutevole e soggetta a trasformazioni<br />

radicali, e che il soggetto non sia più in grado di stabilire una scala di autenticità<br />

fra le varie realtà che di volta in volta gli si presentano. E così<br />

negli anni Sessanta il dispositivo amnesia/anamnesi viene largamente<br />

abbandonato, e nei rari casi in cui si presenta ancora lo fa in una varian-<br />

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