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Un paragone troppo azzardato? Eppure sappiamo che Dick aveva<br />

letto Joyce, e soprattutto aveva attraversato ripetutamente il Finnegans<br />

Wake, l’opera finale dello scrittore irlandese che tanti citano ma che<br />

quasi nessuno legge. Ma conosceva altrettanto bene l’Ulisse, libro assolutamente<br />

multiforme. E se si va a leggere una pagina a caso del romanzo<br />

joyciano, ci si può imbattere facilmente in un passaggio come questo:<br />

Voltando per Dorset Street disse arzillo salutando attraverso la porta<br />

aperta:<br />

“Buongiorno, Mr O’Rourke.”<br />

“Buon giorno a lei.”<br />

“Bel tempo, eh.”<br />

“Come no.”<br />

Dove li trovano i quattrini? Vengono garzoni dalla contea di Leitrim,<br />

sciacquano vuoti e scolano fondi di bicchiere in cantina. E poi, attenzione,<br />

ti rispuntano come altrettanti Adam Findlater e Dan Tallon. Pensa<br />

anche alla concorrenza. Sete universale. Bel rompicapo sarebbe attraversare<br />

Dublino senza passare davanti a nessun bar.<br />

(James Joyce, Ulisse, trad. di G. De Angelis, Mondadori, Milano 1960,<br />

cap. 4, pp. 81-82)<br />

Qui ovviamente, da una brevissima descrizione, dopo quattro battute<br />

di dialogo si passa ex abrupto ai pensieri di Leopold Bloom, a quel flusso<br />

di coscienza che nei capitoli iniziali dell’Ulisse è ben più controllato e<br />

strutturato che nella fiumana conclusiva del sin troppo noto monologo<br />

di Molly Bloom.<br />

Ora, se subito dopo leggiamo quest’altro passaggio, non notiamo<br />

un’aria di famiglia?<br />

Joe disse: “Penso che lei sia morta a causa dell’esplosione. L’esplosione<br />

che ha ucciso Runciter”. Particelle di cobalto, disse tra sé. Polvere calda<br />

che si è depositata su di lei e che ha inalato. Ma allora moriremo tutti allo<br />

stesso modo; si deve essere depositata su tutti noi. Io ce l’ho dentro i<br />

polmoni; Al lo stesso; e anche gli altri inerziali. In questi casi non c’è<br />

niente da fare. È troppo tardi. Non ci abbiamo pensato, si rese conto.<br />

Non ci è venuto in mente che l’esplosione fosse una micro-reazione nucleare.<br />

(→ Ubik, cap. 8)<br />

Certamente qui i pensieri del personaggio sono più funzionali all’immediato<br />

svolgimento della trama. E poi ci sono dei piccoli inserti (“disse<br />

tra sé”, “si rese conto”) che servono a collegare in modo meno brusco il<br />

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