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la faccenda comincia a diventare grossa. Entra in gioco anche Sam Barrows, miliardario<br />

e speculatore di cui Pris, la figlia schizofrenica di Rock (una delle solite<br />

e terribili incarnazioni della moglie di Dick, Anne) è innamorata. Con l’aiuto<br />

dei due androidi, che si rivelano abili uomini d’affari (ma non senza tradimenti,<br />

rovesciamenti di fronte e colpi di scena), Maury, affiancato dal padre di Louis,<br />

riesce a tener testa a Barrows. Ma il romanzo è soprattutto la storia dell’insana<br />

passione, dell’amore disperato che Louis nutre per Pris, un amore che finisce<br />

con una diagnosi di schizofrenia, una serie di terapeutiche “fughe” nella realtà<br />

degli allucinogeni e il ricovero di Pris e dello stesso Louis. Abbastanza povero<br />

di materiali fantascientifici (come sarà poi anche Un oscuro scrutare), il romanzo<br />

rivela più di altri dello stesso periodo ambizioni letterarie e una densità filosofica<br />

inusuale: basti pensare alla discussione tra il vecchio Rosen e Stanton<br />

(cap. 2), nutrita di citazioni (non dichiarate) dai Pensieri di Blaise Pascal; o a<br />

quella successiva fra Lincoln e Barrows (cap. 9), sempre sulla distinzione fra<br />

umano e non umano, con citazioni, questa volta esplicite, da Baruch Spinoza.<br />

Nell’abituale tessitura dickiana questi dialoghi sono documenti importanti della<br />

percezione del dilemma naturale/artificiale. Qui vengono però poco valorizzati,<br />

anche perché il loro legame con l’altro asse portante del libro, quello dell’amore<br />

per un essere freddo e inautentico (le stimmate della schizofrenia), non<br />

è sviluppato in modo adeguato. Come se Dick, insomma, si fosse fermato a<br />

metà e non avesse saputo portare sino in fondo le proprie intenzioni. (C.A.)<br />

Temi: androidi; capitale; donne; follia; merce; musica e musicisti; psichiatria; storia;<br />

tecnica.<br />

La penultima verità<br />

Titolo originale: The Penultimate Truth (1964).<br />

Ispirato a: i racconti I difensori, Yancy (1955, pubblicato in Italia nel 1996) e<br />

La macchina (1957, pubblicato in Italia nel 1981), e a La macchina del tempo di<br />

H.G. Wells.<br />

Andrew M. Butler, profondo conoscitore dell’opera di Dick, ha scritto di questo<br />

romanzo (ingiustamente sottovalutato): “È la paranoia della Guerra fredda<br />

al suo culmine”. Non ha tutti i torti. Il romanzo praticamente si basa sulla regola<br />

aurea della politica secondo Dick, e cioè: “Tutto quel che il governo ti dice è<br />

falso”. E non perché il governo sia particolarmente cattivo, ma perché la comunicazione<br />

politica è fatta di mezze verità che sono sempre penultime. E al tempo<br />

della Guerra fredda questa massima era più vera che mai.<br />

La storia di sviluppa su due livelli. Sottoterra sta la gran massa della popolazione<br />

del Wes-Dem, cioè del blocco occidentale, che a causa della guerra atomica<br />

s’è dovuto asserragliare in rifugi stretti, miseri e abbastanza tetri, e lì sotto<br />

costruisce androidi che vengono usati nella guerra che infuria in superficie.<br />

Certo la vita non è un granché, come ben sa uno dei due protagonisti, Nicholas<br />

St James, presidente di un rifugio; ma meglio sottoterra che morti. Meglio che a<br />

morire siano gli androidi, detti “i plumbei”.<br />

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