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modo preciso una società che non era esattamente quella del mondo zero<br />

del lettore portava l’autore quasi naturalmente a usare il “modello<br />

corale”, che si è dimostrato molto adatto, fra l’altro, ad aderire a una<br />

struttura concettuale sottostante quasi sempre molto complessa (struttura<br />

che vari critici hanno potuto leggere proprio formalizzando i rapporti<br />

tra personaggi e trama, in una linea che va da Jameson 1975 a Rossi<br />

2002a passando per tante delle prefazioni italiane di Pagetti). Come<br />

funziona la gestione della trama in relazione a questa struttura corale?<br />

Ovviamente funziona a corrente alternata. Quando in quindici anni (fra<br />

il 1953 e il 1968) si scrivono ventinove romanzi di fantascienza (senza<br />

contare quelli mainstream) è inevitabile che parecchi di essi abbiano<br />

una trama che scricchiola, colpi di scena che non funzionano, incongruenze<br />

e ingenuità. Ma è comunque significativo che, quasi sempre, i<br />

migliori fra essi anche dal punto di vista dell’equilibrio e della fluidità<br />

narrativa siano proprio quelli che più di altri fanno uso di una struttura<br />

corale complessa, da → I simulacri (che da questo punto di vista detiene<br />

certamente il primato) a → L’uomo nell’alto castello, da → Noi marziani<br />

a → Cronache del dopobomba.<br />

Per quanto riguarda i personaggi, bisogna tenere presente che il<br />

Dick giovane si trovava esposto a due influenze di segno quasi opposto:<br />

quella della tradizione letteraria “alta”, che imponeva la costruzione di<br />

personaggi dotati di una certa ricchezza e articolazione psicologica, e<br />

quella della narrativa di genere, in cui contavano meno le motivazioni<br />

interne ai personaggi e più la loro funzione nella struttura delle azioni e<br />

degli eventi. Dick si barcamenò tra le due esigenze ma, forse perché per<br />

la costruzione dei suoi personaggi si ispirò sempre a persone della vita<br />

reale (per esempio le sue mogli o le → donne che amò) o perché nutriva<br />

spontaneamente dell’“empatia” per le figure letterarie che creava, molti<br />

dei suoi personaggi hanno una complessità e uno spessore che troviamo<br />

raramente nella narrativa di fantascienza. Questo vale soprattutto per i<br />

personaggi femminili, alle cui motivazioni e ai cui comportamenti è<br />

quasi sempre riservata una particolare attenzione. Questo accade meno<br />

frequentemente per quelli maschili: e tuttavia, quando Dick dedica a<br />

uno di loro uno sguardo particolarmente penetrante, il risultato è eccezionale.<br />

I casi più riusciti sono Tagomi di L’uomo nell’alto castello (ma in<br />

questo romanzo tutti i personaggi sono delineati con attenzione e sensibilità),<br />

Felix Buckman di Scorrete lacrime e i due alter ego dello scrittore<br />

in → Radio libera Albemuth e in → VALIS. Soprattutto in quest’ultimo<br />

romanzo, Horselover Fat genera nel lettore un’irresistibile corrente di<br />

simpatia e partecipazione: qui Dick ha prestato alla parte più cupa, tor-<br />

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