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di Goebbels e ipotizzava, con gli amici, di analoghi stratagemmi degli<br />

Alleati. Franklin Delano Roosevelt, in particolare, destava in lui più<br />

d’un sospetto.<br />

(Sutin 1990, p. 55)<br />

Aggiungiamo che al liceo Phil aveva studiato tedesco, leggendo in originale<br />

Goethe, Schiller e Heine (proseguirà lo studio all’università), e<br />

amava la → musica di Beethoven, Schubert e Wagner. Tutti riferimenti<br />

che puntualmente troviamo nei suoi romanzi. Di Goethe, in particolare,<br />

è citata la poesia “Erlkönig” proprio in L’uomo nell’alto castello,<br />

mentre del Faust si parla in almeno tre altri romanzi, comprese le lunghe<br />

citazioni in tedesco dal primo monologo di Faust nel capitolo 11 di<br />

→ Un oscuro scrutare. Parole e frasi in tedesco compaiono in numerosi<br />

altri romanzi.<br />

Amore e rispetto per la cultura tedesca, dunque, e condanna per il<br />

nazismo. Fu Dick stesso a chiedersi se ci possa, o ci debba, essere contraddizione<br />

tra questi due atteggiamenti, intervenendo in una discussione<br />

a proposito del suo L’uomo nell’alto castello; ma ammise al tempo<br />

stesso di non avere risposte:<br />

In ogni caso, non siamo in grado di dire con certezza se esistano “due<br />

Germanie” nel senso di due culture o se invece il nazismo sia il culmine<br />

inevitabile, la logica conseguenza della germanità. Non lo sappiamo, e<br />

dobbiamo ammettere la nostra ignoranza. Sappiamo che cosa hanno<br />

fatto i tedeschi, quale fosse la loro esplicita ideologia... ma ancora oggi<br />

non sappiamo perché, nel senso più profondo, i nazisti lo abbiano fatto.<br />

Questa è la realtà. [...]<br />

Ho l’impressione che “risposte” chiare e semplici a queste domande<br />

(“Perché i nazisti hanno fatto quel che hanno fatto? Noi lo faremmo?<br />

Siamo anche noi colpevoli?”) non siano alla nostra portata, non se ne<br />

possano dare. Siamo colpevoli, noi, di quello che i folli e subrazionali<br />

“pianificatori” di Washington stanno facendo in questo momento? Non<br />

lo so. Una donna tedesca di un vecchio villaggio era forse “colpevole” di<br />

una decisione presa dall’ufficio di Eichmann a Berlino, ne1 1939?<br />

(Dick 1964a, p. 148)<br />

Le non risposte di Dick dipendono forse dal modo confuso ed errato in<br />

cui le domande erano state poste nella discussione, in cui Dick intervenne,<br />

sulla fanzine “Niekas”. Osserviamo intanto, però, che nei due esempi<br />

che egli fa per separare le responsabilità individuali da quelle collettive<br />

la Germania degli anni Trenta è messa a fianco degli Stati Uniti dei<br />

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