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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

sul teatro, tracciando un percorso che va dalle prime considerazioni sul dramma espresse<br />

ne L’opera d’arte letteraria alla trattazione tarda delle funzioni che – secondo <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo – <strong>il</strong><br />

linguaggio assume all’interno dello spettacolo teatrale. Nello stesso tempo, avvalendosi<br />

del supporto teorico degli studi di semiotica teatrale prodotti alla fine del secolo scorso, <strong>il</strong><br />

saggio offre altresì degli spunti per una riconsiderazione delle riflessioni di Ingarden sul<br />

teatro nell’ambito precipuo degli studi teatrali.<br />

1. Il primo cenno all’arte scenica inserito ne L’opera d’arte letteraria costituisce una<br />

premessa fugace, ciò malgrado di primaria importanza per l’impianto teorico che Ingarden<br />

elaborerà in seguito. Nel §30, <strong>il</strong>lustrando altri modi possib<strong>il</strong>i della rappresentazione<br />

nell’opera letteraria non drammatica, Ingarden indugia sulla presenza nel corpo testuale<br />

del discorso diretto, giungendo alla conclusione che, si dia <strong>il</strong> caso di esplicitazione della<br />

voce del narratore o di uno o più personaggi – ovvero <strong>il</strong> caso di un monologo o di un<br />

dialogo in forma diretta –, <strong>il</strong> testo assumerà una forma sim<strong>il</strong>e a quella dell’opera letteraria<br />

drammatica e descrivib<strong>il</strong>e come “struttura a scatola”, ovverosia come struttura composta<br />

di due strati, uno corrispondente all’enunciato in prosa che introduce e contiene in<br />

potenza la proposizione in forma diretta, uno costituito dall’enunciato del discorso diretto<br />

tout court. In quanto basato sul dialogo, <strong>il</strong> dramma presenta per statuto tale<br />

stratificazione, la quale, data l’interazione in scena di più personaggi, è prevalentemente<br />

multipla 3 . Il complesso delle enunciazioni in forma diretta componenti <strong>il</strong> dramma, in altre<br />

parole l’insieme delle battute dei personaggi, costituisce – secondo Ingarden – <strong>il</strong> “testo<br />

principale” (Haupttext) dell’opera letteraria drammatica, al quale si affianca sempre <strong>il</strong><br />

“testo secondario” (Nebentext), comprendente tutti gli elementi testuali esclusi dal<br />

discorso diretto (nomi dei personaggi, didascalie, eventuali titoli, note di regia, etc.) e<br />

dotato di funzione eminentemente informativa, in quanto specifica o qualifica gli oggetti e<br />

i fatti di cui si parla nel discorso diretto 4 . “Testo principale” e “testo secondario” appaiono<br />

3 La “stratificazione doppia” precipua del testo letterario drammatico è data, in ogni scena, dalla combinazione<br />

dei due elementi “nome del personaggio – battuta”, i quali, riportati in successione, danno luogo a una<br />

“stratificazione multipla”. Il ragionamento di Ingarden sembra non considerare, a questo punto, la presenza in<br />

ogni scena di didascalie che pur concorrono a formare la “struttura a scatola” del dramma: in realtà, come<br />

vedremo di seguito, <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo recupera l’apparato didascalico allorché discute della struttura complessiva<br />

dell’opera teatrale drammatica.<br />

4 La distinzione operata da Ingarden tra “testo principale” e “testo secondario” anticipa analisi semiotiche più<br />

recenti. Anne Ubersfeld, ad esempio, riconosce al testo drammatico la natura di «doppia enunciazione», in cui<br />

confluiscono un «discorso rapportatore», emesso dall’autore senza mediazioni formali e comprendente l’intero<br />

apparato didascalico, e un «discorso rapportato», costituito dalle enunciazioni dei personaggi e dunque<br />

mediato”; cfr. A. Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, Carocci, Roma 2008. Franco Ruffini, invece, distingue nel<br />

dramma una «parte metatestuale», composta dalle didascalie, e una «parte testuale» o «testo»,<br />

comprendente l’intero corpo testuale drammatico – che l’autore preferisce chiamare «copione» – privo delle<br />

didascalie; cfr. F. Ruffini, Semiotica del testo. L’esempio teatro, Bulzoni, Roma 1978, p. 110.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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