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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

sull’ontologia dell’arte. In particolare, ritroviamo nelle posizioni che definiscono l’opera<br />

d’arte come “artefatto astratto” <strong>il</strong> medesimo rifiuto di Ingarden della dicotomia tra reale e<br />

ideale, nonché <strong>il</strong> medesimo appello all’attività intenzionale dell’autore per la costituzione<br />

dell’opera.<br />

Il concetto di oggetto fittizio come oggettività puramente intenzionale si fa largo nelle<br />

posizioni realiste contemporanee incentrate sulla nozione di “oggetto astratto” e<br />

“artefatto”. In posizioni di questo tipo, promosse per esempio da Peter Van Inwagen 40 o<br />

Amie Thomasson 41 , l’oggetto della finzione letteraria è concepito come oggetto astratto,<br />

entità teorica del discorso letterario, esattamente come gli elettroni sono entità teoriche in<br />

fisica. Prospettiva che è definita “realista”, nella misura in cui l’oggetto fittizio è ritenuto<br />

esistente esattamente come ogni altro oggetto del mondo ordinario, nonostante non sia<br />

vincolato a supporti fisici.<br />

In particolare, Thomasson contesta l’esaustività della dicotomia reale/ideale 42 , sostenendo<br />

la necessità di introdurre la categoria ontologica di oggettualità «puramente<br />

intenzionale» 43 . Entità intenzionali sono le opere d’arte, che non sono né reali né ideali: in<br />

quanto suscettib<strong>il</strong>i di modifiche e perfino di annientamento, non godono dell’eterna<br />

immutab<strong>il</strong>ità dell’oggetto ideale. Non possiamo d’altro canto definirle “reali” dal momento<br />

che, pur avendo un’origine temporale, non hanno una precisa collocazione spaziotemporale.<br />

In Thomasson ritroviamo la medesima eteronomia ontologica strutturale<br />

dell’opera di finzione sostenuta da Ingarden: gli oggetti fittizi esistono, ma sempre in<br />

modo dipendente da una soggettività intenzionale che li produce. È in questo senso che<br />

l’oggetto fittizio si configura come “artefatto”, risultato degli atti intenzionali dell’autore.<br />

Nonostante gli oggetti di finzione sembrino in qualche modo scivolare tra le maglie delle<br />

nostre reti categoriali, sfidando i nostri tentativi di inquadrarli in teorie organiche, le tesi di<br />

Ingarden continuano a rivelarsi, anche all’interno del dibattito contemporaneo,<br />

particolarmente feconde.<br />

40<br />

P. Van Inwagen, “Creatures of Fiction”, American Ph<strong>il</strong>osophical Quarterly, 14, 1977, 4, pp. 299-308.<br />

41<br />

A. Thomasson, “Speaking of Fictional Characters”, Dialectica, 57, 2003, 2, pp. 205–223.<br />

42<br />

A. Thomasson, “The Ontology of Art”, in The Blackwell Guide to Aesthetics, a cura di P. Kivy, Blackwell,<br />

Oxford 2004, pp. 78-92.<br />

43<br />

A. Thomasson, “Ontology of Cultural Objects”, in Existence, Culture, Persons: The Ontology of Roman<br />

Ingarden, a cura di A. Chrudzimski, Ontos, Frankfurt am Main 2005, pp. 115-136.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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