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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
possono anche trovarsi intrecciati ad altri vissuti (come sentimenti, volizioni etc.) che<br />
conferiscono così all’oggetto finzionale anche sfumature emotive: un personaggio può<br />
colpirci come frag<strong>il</strong>e o spietato, ridicolo o arrogante, in un’infinità di possib<strong>il</strong>i<br />
determinazioni anche emotive 35 .<br />
Intendere la finzione narrativa come quasi-realtà significa per Ingarden non potervi<br />
applicare le categorie epistemiche di vero e falso, nella misura in cui non abbiamo qui a<br />
che fare con giudizi ma soltanto con quasi-giudizi. Si potrà al massimo parlare di verità<br />
come «coerenza oggettiva» 36 , nella consapevolezza che nell’opera di finzione non si ha<br />
altro che una simulazione di realtà.<br />
Eppure l’opera di finzione ha per Ingarden una funzione essenziale, insopprimib<strong>il</strong>e, per la<br />
vita umana. Sono proprio le oggettività rappresentate nella finzione letteraria, i<br />
personaggi tanto quanto le vicende narrate, a consentire l’emergere delle cosiddette<br />
qualità metafisiche dell’opera, qualità di ordine superiore che si manifestano in circostanze<br />
complesse. L’agire dei personaggi di finzione, o meglio <strong>il</strong> loro quasi-agire, <strong>il</strong> delinearsi<br />
degli stati di cose puramente intenzionali, <strong>il</strong> colorarsi emotivo di quanto narrato,<br />
consentono l’emergere di qualità metafisiche come <strong>il</strong> sublime, <strong>il</strong> grottesco, <strong>il</strong> sacro, qualità<br />
travolgenti nella vita reale ma che, in quanto solo simulate nell’opera di finzione,<br />
consentono al lettore una loro serena contemplazione 37 . Come scrive Ingarden<br />
concludendo <strong>il</strong> suo testo, «la nostra vita riceve dall’opera d’arte letteraria uno splendore<br />
divino, un “nulla” e tuttavia un mondo meraviglioso che si origina ed è grazie a noi» 38 .<br />
La finzione letteraria così intesa non è allora «mera finzione» 39 , ma oggettività dotata di<br />
una struttura propria, che non si dissolve nella molteplicità delle possib<strong>il</strong>i concretizzazioni<br />
dell’opera. La stessa identità intersoggettiva dell’opera letteraria è garantita dalle essenze<br />
di concetti ideali parzialmente attualizzate nelle proposizioni: ciò che due lettori della<br />
stessa opera afferrano sono le unità ideali di senso contenute nel significato delle parole,<br />
che consentono una fruizione intersoggettiva dell’opera stessa. L’approdo a questo<br />
risultato richiede l’ammissione dell’eteronomia ontologica dell’opera rispetto ai suoi due<br />
fondamenti: le operazioni intenzionali soggettive e i concetti ideali.<br />
4. Per concludere: Ingarden nel dibattito contemporaneo sull’ontologia dell’opera d’arte<br />
L’idea di Ingarden dell’oggetto di finzione come oggetto puramente intenzionale,<br />
ontologicamente eteronomo, trova spazio anche nel dibattito contemporaneo<br />
35 Ibid., p. 196.<br />
36 Ibid., p. 407.<br />
37 Ibid., p. 397.<br />
38 Ibid., p. 488.<br />
39 Ibid., p. 70.<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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