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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
e tuttavia non di una realtà del tutto reale che ci rapisce ma non ci soggioga come <strong>il</strong> reale<br />
in sé, una “verità” che è pur sempre una “fantasia” 27 .<br />
Ingarden spiega così i meccanismi che presiedono alla creazione dell’<strong>il</strong>lusione teatrale,<br />
pertanto anche per questo la sua teoria si dimostra meritevole di maggiore considerazione<br />
nell’ambito specifico degli studi teatrali di quella tributatale finora 28 . E a quanti obiettano<br />
che l’<strong>il</strong>lusione non può mai essere a teatro e che, al contrario, la finzione agisce<br />
costantemente da f<strong>il</strong>tro o da schermo nella ricezione della messa in scena 29 , si può<br />
rispondere con le parole dello stesso Ingarden:<br />
Quando in qualsiasi circostanza in cui si attua la concretizzazione dell’opera siamo sin da<br />
subito spinti ad assumere l’atteggiamento che ci fa vedere negli accadimenti e negli oggetti<br />
rappresentati formazioni puramente finzionali che non contengono più alcuna traccia del<br />
modo di essere della realtà, allora l’opera resta per noi come qualcosa di irr<strong>il</strong>evante, morto,<br />
inut<strong>il</strong>e, e la polifonia delle sue qualità di valore non può manifestarsi 30 .<br />
Come a dire che l’opera teatrale è, e deve essere, finzione e realtà insieme, pena la<br />
perdita dell’aura di opera d’arte 31 .<br />
27<br />
Ibid., pp. 450-451.<br />
28<br />
Si potrebbe, ad esempio, confrontare la teoria di Ingarden sull’<strong>il</strong>lusione di realtà ingenerata nel ricevente<br />
dall’opera teatrale con studi successivi sull’argomento, a cominciare – tra gli altri – dal contributo di Eco, che,<br />
in “Semiotics of Theatrical Performance”, muovendo dalla definizione di John Searle di “discorso di finzione”<br />
quale insieme di enunciati fittizi, formulati dall’autore per mostrare pensieri e atti che non esistono né si<br />
verificano nella realtà, spiega la finzione teatrale nei termini di un tacito accordo che affratella, ad ogni<br />
enunciazione, attori e spettatori, consentendo loro di esperire quanto accade in scena come se fosse reale.<br />
Ciò è possib<strong>il</strong>e grazie a due atti <strong>il</strong>locutivi che, secondo Eco, l’attore sottintende alla propria interpretazione in<br />
ogni momento e che creano le premesse per la “sospensione dell’incredulità”: «io sto recitando» e dunque «io<br />
sono un altro uomo». Di fatto, sebbene siano diversissime per approccio teorico, le posizioni di Eco e di<br />
Ingarden convergono allorché entrambi individuano due fasi principali nel processo ingenerante l’<strong>il</strong>lusione<br />
teatrale: una premessa iniziale, che si basa su conoscenze extra-spettacolari condivise dagli astanti, e<br />
l’esperienza vera e propria della messa in scena come realtà. Il ricorso di Ingarden alla psicologia cognitiva<br />
per <strong>il</strong>lustrare e motivare la percezione da parte del pubblico dell’azione teatrale come se reale, più che<br />
collidere con <strong>il</strong> concetto di “sospensione dell’incredulità”, lo supporta fornendogli un’ulteriore base teorica.<br />
Vedi U. Eco, “Semiotics of Theatrical Performance”, Drama Review, 1, 1977, pp. 107-117; J.R. Searle, Atti<br />
linguistici, Bollati Boringhieri, Torino 1976.<br />
29<br />
Tra i sostenitori dell’impossib<strong>il</strong>ità dell’<strong>il</strong>lusione teatrale figurano James O. Urmson, Anne Ubersfeld e Evelyn<br />
Ertel. Per approfondimenti vedi M. De Marinis, Semiotica del teatro cit., pp. 175-176.<br />
30<br />
R. Ingarden, L’opera d’arte letteraria cit., p. 451.<br />
31<br />
Nel capitolo dedicato alla pragmatica della comunicazione, anche De Marinis perviene alla stessa<br />
conclusione, e cioè che <strong>il</strong> teatro è commistione di finzione e realtà, intese come fenomeni percettivi: «Al di là<br />
delle convenzioni che lo fondano e delle diverse pratiche di ricezione, lo spettacolo provoca sempre, oltre ad<br />
effetti di teatro, anche effetti di reale, non (soltanto) nel senso della simulazione-duplicazione della realtà […],<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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