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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
tempo 11 . Tale omogeneità in Matière et Mémoire non costituisce né una proprietà delle<br />
cose né una condizione necessaria della nostra conoscenza, bensì è uno schema della<br />
nostra azione sulla materia. Ingarden amplia (e lo scrive chiaramente) 12 l’impiego di<br />
questa nozione alle strutture descritte da Bergson per definire lo spazio e <strong>il</strong> tempo<br />
omogenei. Non posso soffermarmi qui sulle diverse critiche mosse da Ingarden alla teoria<br />
degli schemi dell’azione – in questa forma ampliata; vorrei solamente fare riferimento a<br />
una questione, ossia se gli schemi possano essere estranei alla materia e relativi all’azione<br />
conoscitiva. Secondo la lettura ingardeniana, Bergson postulerebbe la datità immanente<br />
nell’intuizione senza riuscire però a fondarla. Egli relativizzerebbe gli schemi all’azione che<br />
avrebbero, sì, <strong>il</strong> merito di mostrare l’attività dell’azione conoscitiva – <strong>il</strong> “movimento<br />
cinematografico dell’intelletto” de L’évolution créatrice – senza però dar conto di<br />
quell’unità relativizzata ma, per certi aspetti, indipendente dall’atto coscienziale. Bergson<br />
rimarrebbe così ancorato a una concezione tradizionale della verità e della realtà degli<br />
oggetti. Al contrario Ingarden, per mantenere questo movimento e farlo coincidere con la<br />
datità immediata dell’intuizione, impiega la nozione di “Verkörperung” 13 , ossia una sorta di<br />
“incorporamento” delle categorie non nella materia ma nella coscienza stessa. Le<br />
categorie, come schemi, sarebbero quindi incorporate nella coscienza e nella materia così<br />
da assicurare <strong>il</strong> passaggio da una forma generale a una forma concreta. In questo modo<br />
Ingarden trasforma <strong>il</strong> carattere relativo degli schemi bergsoniani nella tensione tra l’unità<br />
e la parzialità degli oggetti rappresentati: questi rimangono i medesimi a livello funzionale<br />
essendo però radicalmente variab<strong>il</strong>i nella rappresentazione.<br />
Analizziamo meglio come Ingarden definisca e assicuri tale potenziale variab<strong>il</strong>ità come<br />
costitutiva.<br />
3. Lo schema come struttura formale della rappresentazione di oggetti di conoscenza e di<br />
oggetti puramente intenzionali<br />
La funzione dello schema, nella sua fluttuazione di determinazioni, si trova nella zona di<br />
confine tra realtà e apparenza in cui la finzione non è considerata come un mero oggetto<br />
fantastico bensì come una rappresentazione quasi-reale. Il “quasi” della rappresentazione<br />
– problematizzato già da Husserl nell’analisi della fantasia in Ideen – caratterizza lo<br />
11 H. Bergson, Matière et mémoire, Alcan, Paris 1929, p. 235.<br />
12 R. Ingarden, Intuition und Intellekt bei Bergson, in Frühe Schriften zur Erkenntnistheorie, in Gesammelte<br />
Werke, vol. 6, Niemeyer, Tübingen 1994, p. 42 in nota [trad. mia]: «Bergson comprende con l’espressione<br />
“schema dell’agire” anzitutto lo spazio omogeneo e <strong>il</strong> tempo omogeneo. Parallelamente a questi tipi di schema<br />
vi è però una serie di altri schemi che Bergson pone in risalto ma che non designa esplicitamente con questo<br />
termine. In riferimento alle connessioni che sono presenti a livello tematico, ci permettiamo di estendere l’uso<br />
del termine “schema dell’agire” anche a queste strutture».<br />
13 Ibid., p. 131.<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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