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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

E ancora:<br />

Lei non sa che cosa potrebbe essere in gioco per lei, se le si aprisse un’autentica<br />

comprensione della fenomenologia costitutiva. Da questa lei è ancora infinitamente lontano,<br />

perché non afferra ancora che non è una differenza interna al genere idealismo (in senso<br />

storico), bensì è ugualmente lontana e separata da abissi dall’idealismo e dal realismo storici<br />

[…]. Tutta la sua f<strong>il</strong>osofia entrerebbe in un nuovo movimento, muterebbe di senso e metodo<br />

(<strong>il</strong> che non vuol dire che i vecchi pensieri andrebbero perduti) 13 .<br />

Cerchi di capire perché io posso continuamente dire che lei, come del resto tutti i miei vecchi<br />

scolari, non ha capito <strong>il</strong> senso più profondo della fenomenologia costitutiva e perché questo<br />

non è alcun rimprovero. Non si tratta di mancanza nelle ricerche concrete. In ciò lei stesso è<br />

più avanti dei più. Ma tutte le analisi intenzionali (nel primo gradino della fenomenologia)<br />

sono bivalenti 14 .<br />

Ingarden pone cioè a conclusione di un lungo iter teorico quello che per Husserl è la<br />

fonte, <strong>il</strong> punto di avvio, e di continuo ritorno dell’iter conoscitivo. Trasposto nel nostro<br />

contesto, Husserl paventa in Ingarden una sottovalutazione (di fatto un non cogliere<br />

l’imprescindib<strong>il</strong>e r<strong>il</strong>evanza) della radice sensib<strong>il</strong>e nella lettura dell’intera esperienza della<br />

letteratura. Si può tradurre nell’ambito delle arti l’affermazione di Husserl per cui, come<br />

non si diventa f<strong>il</strong>osofi attraverso lo studio delle storia della f<strong>il</strong>osofia, così non si diventa<br />

artisti attraverso lo studio della storia dell’arte: «Non dalle f<strong>il</strong>osofie, ma dalle cose e dai<br />

problemi deve venire l’impulso alla ricerca f<strong>il</strong>osofica» 15 . Sembra andare in direzione<br />

opposta la convinzione di Pierre-Auguste Renoir per cui «non è davanti a un bel<br />

paesaggio, ma davanti a un quadro che si concepisce <strong>il</strong> proposito di diventar pittore» 16 . E<br />

tuttavia non solo nessun paesaggio, ma neanche alcun quadro di per sé convince a<br />

diventar pittore, occorre una motivazione più profonda, ed è sempre nascosta nella<br />

visione, nell’ascolto (poco importa qui se di un fatto di natura o d’arte).<br />

Quello che Ingarden non sembra valorizzare, né porre come punto di avvio, è proprio<br />

l’epoché, cioè la decisione di aprirsi al terreno su cui solo può esercitarsi uno sguardo<br />

fenomenologico. Viene così disatteso <strong>il</strong> proposito iniziale di mettere tra parentesi, di non<br />

lasciar valere incondizionatamente, saperi dati, di non assumerli in modo acritico, e<br />

13<br />

Ibid., p. 73. In nota a p. 175 Ingarden ricorda che Husserl «riteneva la V Meditazione la più importante di<br />

tutto <strong>il</strong> libro ed era convinto che avrebbe dovuto produrre su di me un’impressione profonda e decisiva, tale<br />

da convertirmi all’idealismo trascendentale».<br />

14<br />

Ibid., pp. 80-81.<br />

15<br />

E. Husserl, Ph<strong>il</strong>osophie als strenge Wissenschaft, a cura di W. Sz<strong>il</strong>asi, Klostermann, Frankfurt am Main 1965,<br />

p. 71.<br />

16<br />

Cito da M. Dessoir, Estetica e scienza dell’arte, a cura di L. Perucchi & G. Scaramuzza, Unicopli, M<strong>il</strong>ano<br />

1986, p. 61.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

13

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