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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

da quello “soggettivo” di un soggetto assoluto di coscienza» 17 . Dunque Ingarden distingue<br />

nettamente <strong>il</strong> tempo caratteristico dell’opera letteraria (<strong>il</strong> tempo rappresentato) dal tempo<br />

del mondo e del soggetto. Il tempo mondano oggettivo è, spiega l’autore, quello<br />

«omogeneo “vuoto”, definito in modo fisico-matematico» 18 , mentre <strong>il</strong> tempo della<br />

soggettività riguarda tanto quello delle relazioni tra soggetti, <strong>il</strong> tempo «intersoggettivo» 19 ,<br />

quanto <strong>il</strong> tempo del puro soggetto di coscienza. A quest’ultimo riguardo Ingarden cita le<br />

husserliane lezioni sulla Fenomenologia della coscienza interna del tempo 20 . L’autore<br />

esclude che quest’ultimo tempo possa entrare, in forma analogica, nell’opera letteraria.<br />

Ciò che essa può contenere è un analogo solo dei tempi soggettivo e intersoggettivo. La<br />

dimensione strutturale che per Ingarden è intrinseca al tempo, dunque, la lente entro cui<br />

egli legge e intende la temporalità e le sue fasi, è <strong>il</strong> soggetto, preso per sé o nella sua<br />

relazione con gli altri. Il tempo è, husserlianamente, tempo della soggettività. È quanto<br />

appare con chiarezza nella conclusione del paragrafo, quando Ingarden afferma che nel<br />

tempo dell’opera letteraria «le fasi di tempo passate sono rese “presenti” in modo<br />

peculiare […] come se noi lettori fossimo testimoni dei corrispondenti avvenimenti e<br />

vivessimo “allora”» 21 . Un fenomeno peculiare del tempo rappresentato – la possib<strong>il</strong>ità di<br />

trasferirsi nel punto e nel momento originari di un avvenimento ormai passato – mostra<br />

come la temporalità rappresentata sia essenzialmente dipendente dalle scelte e dai<br />

movimenti soggettivi, e da una situazione specificamente soggettiva quale<br />

l’immedesimazione a cui <strong>il</strong> soggetto si affida nella sua approssimazione agli avvenimenti<br />

trascorsi. Il tempo dell’opera letteraria è un analogo di tale tempo soggettivo e<br />

intersoggettivo.<br />

La concezione che Lukács mostra nel suo testo è ampiamente differente da quella de<br />

L’opera d’arte letteraria. Per l’autore de L’anima e le forme la temporalità è da pensarsi<br />

sempre in connessione con la dialettica storica, come una temporalità fenomenica storicodialettica,<br />

come durata nel mondo reale. Anche <strong>il</strong> tempo del romanzo è intrinseco a tale<br />

rapporto con <strong>il</strong> mondo: esso è interno al rapporto dell’anima con <strong>il</strong> mondo, di modo che <strong>il</strong><br />

lettore di un romanzo si ritrova, essenzialmente, nella temporalità propria di questo stesso<br />

mondo.<br />

Un orizzonte fondato nel soggetto, quale quello di Ingarden, porta con sé <strong>il</strong> rischio dello<br />

psicologismo. È da esso che l’autore si cautela, precisando con chiarezza e premura che <strong>il</strong><br />

tempo rappresentato dell’opera letteraria non coincide con quello dei soggetti che le sono<br />

relati: le fasi temporali contenute nell’opera hanno una loro fisionomia propria che è da<br />

17<br />

Ibid., p. 325.<br />

18<br />

Ibid., p. 326.<br />

19<br />

Ibid.<br />

20<br />

E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo (1928), trad. di A. Marini, Franco Angeli,<br />

M<strong>il</strong>ano 1985.<br />

21<br />

G. Lukács, Teoria del romanzo cit., p. 335.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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