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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
che l’arte è diventata intrinsecamente superflua. Essa è alla fine. È diventata definitivamente<br />
un affare di “cultura”, un affare di lusso 23 .<br />
Questo non significa sottovalutare, tanto meno perdere, le conoscenze che abbiamo a<br />
disposizione per comprendere storicamente teorie e opere d’arte. Tuttavia anche per Banfi<br />
(che della f<strong>il</strong>osofia fu anche storico) la contestualizzazione non è l’unica e tanto meno la<br />
più valida forma di comprensione dell’esperienza. Il compito che <strong>il</strong> trascendentale<br />
propone, come guida di una ricerca fenomenologica, non si esaurisce nella<br />
contestualizzazione storica – che rischia, nell’inseguire senza tregua se stessa in ambiti<br />
continuamente spostati, di perdere la cosa.<br />
Lo storicismo che andava per la maggiore – lo sa bene anche Marx in pagine rimaste<br />
famose 24 – non spiega proprio come mai si possano stab<strong>il</strong>ire relazioni con artisti lontani<br />
nel tempo, con una identica partecipazione, traendone un analogo Genuss. Di fatto non è<br />
senza r<strong>il</strong>ievo, tanto meno disprezzab<strong>il</strong>e, che si viva (come di fatto avviene per lo più)<br />
abolendo le distanze, le contestualizzazioni storiche, che decretano valori solo “nei<br />
contesti”; lasciando morire in essi cose ben vive, che tuttora leggiamo, ascoltiamo,<br />
andiamo a vedere, anche se appartengono a epoche e a mondi estranei a noi.<br />
Correttezza f<strong>il</strong>ologica e contestualizzazione storica, per quanto imprescindib<strong>il</strong>i, non sono<br />
tutto, non esauriscono <strong>il</strong> campo del “capire” un’opera d’arte. Comprendere non si<br />
esaurisce nella terminologia che la f<strong>il</strong>ologia e la ricostruzione storica, come la stessa<br />
competenza teorico-letteraria, mettono a disposizione.<br />
Nulla è più irritante di chi, qualsiasi cosa gli si dica, risponde “contestualizzando”, citando<br />
questo e quello, e aggirando <strong>il</strong> contenuto di verità che una lettura impregiudicata svela.<br />
Un linguaggio è sempre già dato, costituito in un tempo che condiziona e cui non si può<br />
sfuggire. Ma dato è anche lo scontento, spia di una sua inadeguatezza, o artificiosità, che<br />
prende – di uno scollarsi delle parole dalle cose che spinge a cercare sempre di nuovo,<br />
sulla base di quanto si esperisce.<br />
5. Ingarden non cancella, ma sposta <strong>il</strong> livello di esperienza sensib<strong>il</strong>e dell’arte alla fine di un<br />
percorso che dovrebbe invece nell’ottica husserliana presupporlo. La sua accentuazione<br />
della divaricazione soggetto-oggetto, dell’«eterogeneità tra la coscienza e la realtà» 25 (che<br />
motiva anche la sua opposizione a quella che considera la “svolta idealistica” di Husserl)<br />
pone importanti problemi.<br />
23 W. Furtwängler, Suono e parola, a cura di P. Isotta, trad. di O.P. Bertini, Fògola, Torino 1977, p. 110.<br />
24 K. Marx, Introduzione del '57, a cura di B. Accarino, Bertani, Verona 1974, pp. 120-123.<br />
25 Prendo questa espressione da Lidia Gasperoni, “Introduzione. La natura schematica della finzione<br />
letteraria”, in R. Ingarden, L’opera d’arte letteraria cit., p. 7. Tutto questo saggio costituisce un’importante<br />
introduzione alla lettura dell’opera di Ingarden.<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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