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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

valga come esempio la tesi di Erika Fischer-Lichte che, nella giornata di studi dedicata al<br />

dramma e alla messa in scena svoltasi nel 1983 a Francoforte sul Meno, sostiene<br />

l’impossib<strong>il</strong>ità di una rappresentazione fedele del testo teatrale 10 . Tuttora all’avanguardia<br />

malgrado gli anni trascorsi e gli studi apparsi successivamente sull’argomento – peraltro<br />

non numerosi –, la riflessione logica di Fischer-Lichte sul concetto di “Werktreue” e sulla<br />

sua irrealizzab<strong>il</strong>ità confuta dall’interno l’ipotesi teorica della “fedeltà” della messa in scena<br />

al testo teatrale, invalidando indirettamente anche <strong>il</strong> pensiero di Ingarden. Secondo la<br />

studiosa, una rappresentazione non può essere fedele al testo teatrale perché impossib<strong>il</strong>i<br />

da concretizzare sono i casi in cui, stando alla tradizione, una rappresentazione dovrebbe<br />

dirsi tale, ossia: quando <strong>il</strong> dramma scritto viene trasposto seguendo <strong>il</strong> principio di<br />

riproduzione dell’aspetto ovverosia della lettera del dramma stesso, quando lo spettacolo<br />

ricalca la struttura interna del dramma, quando i segni teatrali hanno lo stesso significato<br />

dei segni linguistici. Se, difatti, non è possib<strong>il</strong>e rappresentare l’aspetto del dramma in<br />

quanto alla forma del testo corrisponde una pluralità di sensi che esclude una<br />

trasposizione scenica univoca, d’altra parte – spiega Fischer-Lichte – nemmeno si può<br />

avere un’equivalenza semantica tout court tra segni linguistici e segni teatrali, dal<br />

momento che questi ultimi creano una propria rete di senso all’interno dello spettacolo del<br />

tutto autonoma rispetto all’originale linguistico. Né è pensab<strong>il</strong>e parlare di “fedeltà” sulla<br />

scorta di una coincidenza strutturale tra le due opere in quanto, per esempio, alla<br />

partizione del dramma in scene e atti non corrisponde necessariamente la stessa<br />

scansione della rappresentazione teatrale. Si pensi, a ulteriore conferma di questo terzo<br />

caso, alla divisione dell’opera letteraria drammatica in “testo principale” e “testo<br />

secondario” proposta da Ingarden, la quale, come lo stesso f<strong>il</strong>osofo suggerisce, sparisce<br />

nella messa in scena 11 .<br />

10 Nel suo intervento, Fischer-Lichte propone anche una diversa definizione di “adeguatezza” (Adäquatheit)<br />

della messa in scena rispetto al testo teatrale, in riferimento però non al piano formale – come nel caso di<br />

Ingarden –, ma al contenuto del dramma. Premettendo la natura soggettiva di questa qualità, la studiosa<br />

definisce adeguata una rappresentazione allorché essa si rende interprete di uno o più significati possib<strong>il</strong>i del<br />

testo teatrale. Ciò non implica uguaglianza tra i due poli in questione, significa piuttosto che le due opere –<br />

letteraria e teatrale – si incontrano in un senso comune. Vedi E. Fischer-Lichte, “Was ist eine ‘werkgetreue’<br />

Inszenierung? Überlegungen zum Prozess der Transformation eines Dramas in eine Aufführung”, in Das Drama<br />

und seine Inszenierung cit., pp. 37-49.<br />

11 Una volta assunta l’inattuab<strong>il</strong>ità del principio di “fedeltà” al testo teatrale, dimostratane anche<br />

l’inapplicab<strong>il</strong>ità come criterio critico, Fischer-Lichte introduce <strong>il</strong> concetto di “trasformazione” per spiegare <strong>il</strong><br />

passaggio che interviene dalla drammaturgia alla messa in scena. La studiosa distingue tre livelli di<br />

“trasformazione”: «trasformazione lineare», che procede seguendo la successione degli elementi testuali, per<br />

cui regista e attori selezionano forme sceniche che, a loro giudizio, restituiscono <strong>il</strong> significato dei dialoghi<br />

senza alterare l’azione; «trasformazione strutturale», basata sulla scomposizione del testo in unità strutturali<br />

(ad esempio personaggi, spazio e scena) di cui regista, attori e collaboratori artistici colgono i significati per<br />

poi metterli in scena simultaneamente e con linguaggi diversi; «trasformazione globale», la quale prevede<br />

l’interpretazione complessiva del testo teatrale, per cui <strong>il</strong> regista mette in scena soltanto quel che reputa<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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