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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
esercitare su di lui una determinata influenza» 46 . Ampliando lo sguardo dall’ambito<br />
prettamente linguistico a quello spettacolare, Ingarden ammette però che tale influenza<br />
non avviene per effetto del “testo principale”, come accade invece nel mondo finzionale<br />
della rappresentazione, ma scaturisce dalla capacità della messa in scena di far leva<br />
sull’emotività dello spettatore attraverso le vicende rappresentate. Un ruolo fondamentale<br />
gioca in questo lo st<strong>il</strong>e:<br />
L’influenza esercitata sullo spettatore si basa sulle esperienze estetiche provocate in lui e<br />
sulla commozione esercitata dalle vicende umane rappresentate, non sulla risposta<br />
linguistica o d’altro genere alle parole pronunciate dal personaggio che parla. E, secondo i<br />
principi del naturalismo, la massima influenza estetica sullo spettatore si raggiunge<br />
appunto quando l’attore agisce come se non notasse la sua presenza 47 .<br />
Il riferimento costante all’estetica teatrale naturalista e la convinzione che <strong>il</strong> teatro possa<br />
esercitare un’influenza catartica attraverso un sentimento di empatia, una Einfühlung di<br />
ascendenza aristotelica, respingono ancora una volta Ingarden nelle f<strong>il</strong>a della tradizione,<br />
invisa a larga parte degli sperimentatori e innovatori della scena del Novecento. Tuttavia,<br />
sebbene <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo sembri ignorare le ricerche teorico-teatrali dei suoi anni, come pure gli<br />
esiti sul piano estetico cui conduce l’opposizione al teatro ottocentesco negli spettacoli<br />
delle avanguardie, sarebbe precipitoso imputare a Ingarden l’errore di non prendere in<br />
considerazione forme teatrali moderne. Valgano, difatti, a difesa del suo pensiero i ripetuti<br />
riferimenti a tipi di spettacoli divergenti dalla rappresentazione tradizionale del dramma, i<br />
cui casi – possiamo supporre – non sono oggetto di approfondimento non già perché<br />
nuovi, ma perché incentrati sullo svelamento della finzione e dei suoi meccanismi, e<br />
dunque devianti dalla riflessione di Ingarden sulla creazione e sulla sussistenza della<br />
finzione.<br />
Le funzioni del linguaggio all’interno dello spettacolo enucleate nella prima sezione del<br />
saggio assumono tratti più definiti nella seconda parte, un approfondimento che Ingarden<br />
riserva a quanto sostenuto finora e da cui, nel breve spazio del presente contributo,<br />
appare opportuno estrapolare alcuni spunti critici conclusivi. A cominciare dal fattore della<br />
determinazione dell’enunciazione: a proposito della “funzione drammatica”, Ingarden<br />
precisa che <strong>il</strong> potere della lingua di ingenerare, costituire e alimentare l’azione deriva<br />
principalmente dal fatto che le parole del personaggio vengono pronunciate «in un<br />
determinato luogo», «in un determinato momento temporale (del tempo rappresentato)»<br />
e «in una determinata fase di svolgimento dell’azione rappresentata» 48 . Così intesa, la<br />
46<br />
Ibid., p. 501.<br />
47<br />
Ibid.<br />
48<br />
Ibid., p. 502.<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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