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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

In realtà, se è vero che <strong>il</strong> pensiero di Ingarden riguardo alla “fedeltà” della<br />

rappresentazione al testo teatrale si attarda su posizioni superate da tempo non solo dalla<br />

critica, ma anche e soprattutto dal teatro di regia che, negli stessi anni in cui Ingarden<br />

difende un’estetica teatrale di stampo naturalista, cerca di emancipare lo spettacolo<br />

teatrale dal dramma, d’altra parte è altrettanto vero che Ingarden è ben consapevole<br />

dello statuto altro della messa in scena rispetto all’opera d’arte letteraria, della molteplicità<br />

ed eterogeneità dei suoi linguaggi, e attua perciò un’ulteriore distinzione. Si legge nel<br />

saggio:<br />

Ogni rappresentazione si distingue necessariamente dalle altre per diverse particolarità,<br />

mentre nonostante ciò nelle singole rappresentazioni è “messa in scena” la medesima<br />

opera, anche quando la messa in scena è “brutta”. […] Si tratta solo di sapere se ciò che si<br />

contrappone alle singole rappresentazioni teatrali sia l’opera “scritta” come opera letteraria<br />

o qualcosa di essenzialmente diverso, cioè “l’opera teatrale”. In quest’ultimo caso si<br />

dovrebbe contrapporre all’opera letteraria di un certo genere (le opere “drammatiche”)<br />

quella teatrale come qualcosa di eterogeneo rispetto a essa, mentre nel primo caso si<br />

dovrebbe considerare soltanto un genere particolare di concretizzazione che è costituita<br />

dalla “messa in scena” 12 .<br />

La puntualizzazione che fa Ingarden, secondo cui <strong>il</strong> riferimento originario della<br />

rappresentazione teatrale non deve coincidere necessariamente con l’opera letteraria<br />

drammatica, ma può anche essere una nuova entità che lui definisce “opera teatrale” (das<br />

Schauspiel), elude ma non risolve <strong>il</strong> problema della fedeltà dello spettacolo al testo scritto.<br />

Tuttavia, tralasciando per un attimo la questione, per gli studi odierni risulta<br />

maggiormente stimolante <strong>il</strong> modo in cui Ingarden, opponendo al dramma e alla messa in<br />

scena una terza struttura diversa e autonoma quale quella dell’opera teatrale, pone alla<br />

base dell’evento scenico tre processi disgiunti – ideazione dell’azione, ideazione della<br />

messa in scena e realizzazione – da cui scaturiscono rispettivamente <strong>il</strong> testo letterario<br />

drammatico, l’opera teatrale e la rappresentazione teatrale. Con estrema versat<strong>il</strong>ità <strong>il</strong><br />

discorso f<strong>il</strong>osofico di Ingarden sconfina in tal modo nell’ambito precipuo della semiotica<br />

teatrale, rivelando la propria attualità rispetto al panorama degli studi di storia e critica<br />

teatrale dei primi decenni del Novecento 13 .<br />

essere <strong>il</strong> senso ultimo della drammaturgia. Secondo Fischer-Lichte, nessuno di questi tre tipi di<br />

“trasformazione” è più legittimo o più valido degli altri: si tratta di procedimenti parziali che, di solito, finiscono<br />

con l’intrecciarsi. Vedi Ibid.<br />

12 R. Ingarden, L’opera d’arte letteraria cit., pp. 422-423.<br />

13 A un’attenta contestualizzazione storica non può sfuggire la coincidenza cronologica che lega la prima<br />

edizione di Das literarische Kunstwerk del 1931 alla nascita ufficiale della semiotica teatrale come disciplina<br />

autonoma con la pubblicazione nel 1931 di due studi degli autori Otakar Zich e Jan Mukařovský, esponenti<br />

della Scuola di Praga (cfr. O. Zich, Estetika dramatického umění: teoretická dramaturgie, Melantrich, Praha<br />

1931; J. Mukařovský, “Pokus o strukturni rorbor jerpckého zjeum”, Literárni noviny, Praha, 1931). A questo<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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