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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
dunque di farli valere come inibizione di ogni più comprensivo avvicinamento<br />
all’esperienza artistica. Sottovalutata risulta la necessità di interrogarsi circa <strong>il</strong> terreno in<br />
cui si radicano i bisogni di parole, le esigenze di esprimersi, di teorizzare, innescati da una<br />
lettura. Bisogni forti in taluni scrittori o lettori, deboli o nulli in altri. Cosa li motiva? La<br />
percezione di un margine di insufficienza nella mera lettura, di un residuo di<br />
insoddisfazione nello stesso creare, nel fruire. Oppure esigenze pratiche magari<br />
(l’incomprensione della novità delle proprie opere, la necessità di farsi conoscere, la difesa<br />
da interpretazioni insufficienti, etc.). La necessità di chiarire a se stessi i termini di un<br />
leggere, di un comporre, di un comprendere, sulla base dello spazio in cui si costituiscono.<br />
3. Waldemar Conrad (che Ingarden apprezza, considerandolo <strong>il</strong> suo più diretto<br />
antecedente nella considerazione dell’opera letteraria «rein für sich», «puramente in<br />
sé» 17 ) aveva ben colto questo punto allorché (nel contesto di un’appendice dedicata al<br />
grande musicologo Hugo Riemann), a proposito dell’oggetto estetico musicale, dichiara:<br />
Ho condotto le precedenti analisi prima di aver preso conoscenza della letteratura teoricomusicale,<br />
basandomi soltanto su una frequentazione pratica (attiva e passiva), coltivata però<br />
fin dalla prima infanzia, della musica. Dato che, com’è ovvio, è molto diffic<strong>il</strong>e, se si<br />
conoscono le leggi teoriche della composizione, descrivere l’oggetto sul fondamento di una<br />
pura intuizione, e descriverlo così com’è “inteso”. E dato che altrimenti non si può mai,<br />
anche di fronte a se stessi, superare <strong>il</strong> sospetto di non aver magari fatto altro che lasciar<br />
valere nella descrizione conoscenze pregiudizialmente recate con sé 18 .<br />
Le parole di Conrad sono una buona esemplificazione di quanto raccomanda Husserl e<br />
tentano di metterlo in pratica nelle indagini sull’oggetto estetico. Ingarden lo seguirà in<br />
questo in modo tanto più articolato, ampio e compiuto. Ma entrambi lasceranno in<br />
posizione subalterna (o abbandoneranno a terminologie radicate in altri mondi teorici non<br />
meno precostituiti, come avviene in Conrad) <strong>il</strong> piano della soggettività; cosa che peraltro<br />
farà anche Moritz Geiger 19 – almeno programmaticamente.<br />
Ingarden e Banfi (che per primo ha suscitato in Italia interesse per la fenomenologia e per<br />
l’estetica fenomenologica) hanno in comune un certo sfondo husserliano, lo fanno poi<br />
tuttavia valere in modi assai diversi. Con Conrad Banfi sembra condividere la necessità di<br />
priv<strong>il</strong>egiare in musica l’ascolto e l’esecuzione: «la frequentazione pratica (attiva e passiva)<br />
17<br />
R. Ingarden, L’opera d’arte letteraria cit., p. 59, n. 3.<br />
18<br />
W. Conrad, L’oggetto estetico. Uno studio fenomenologico, a cura di M. Gardini, Clueb, Bologna 2007, p.<br />
102.<br />
19<br />
Rinvio ai miei “Moritz Geiger and Roman Ingarden: Notes for a Comparison”, Phenomenological Inquiry. A<br />
Review of Ph<strong>il</strong>osophical Ideas and Trends, 14, 1990, pp. 93-111; “Moritz Geiger e l’estetica musicale”, in Il<br />
realismo fenomenologico. Sulla f<strong>il</strong>osofia dei circoli di Monaco e Gottinga, a cura di S. Besoli & L. Guidetti,<br />
Quodlibet, Macerata 2000, pp. 467-479.<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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