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Vol. 4 – Anno 2012 – Numero 4 La realtà della finzione <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />

più in generale le fasi temporali, che nell’opera non sono descritti esplicitamente,<br />

mancano di quella “coloritura qualitativa” 62 che invece appartiene a quanto viene<br />

rappresentato in maniera determinata. Propria di entrambi gli autori è dunque l’idea che <strong>il</strong><br />

tempo abbia un’incidenza importante nell’esistenza e nelle tonalità affettive dell’uomo e<br />

del suo mondo.<br />

Un altro punto di contatto r<strong>il</strong>evante tra i due f<strong>il</strong>osofi si ritrova nelle considerazioni che<br />

Ingarden rivolge al passato e al futuro – già r<strong>il</strong>evate quanto alla connessione di queste<br />

due temporalità con quella del presente. L’autore de L’opera d’arte letteraria parla della<br />

«sfumatura caratteristica» che viene ad ogni presente dal suo succedere a un «altro<br />

“ora”, già passato» 63 : si tratta di una situazione molto sim<strong>il</strong>e a quella che Lukács descrive<br />

in rapporto all’esperienza del ricordo. E quando Ingarden parla della protensione del<br />

presente verso un futuro «accessib<strong>il</strong>e in un primo momento solo nell’attesa» 64 richiama<br />

quello che, in Lukács, è l’altro polo del ricordo: la speranza. Il passato e <strong>il</strong> futuro vengono<br />

intesi da Ingarden sempre in rapporto a un essere in atto, a un «in actu esse» 65 nel<br />

presente. L’«aspettativa» 66 entro cui Ingarden pone la relazione del presente con <strong>il</strong> futuro<br />

è sim<strong>il</strong>e alla “speranza” di cui parla la Teoria del romanzo. Ingarden scrive che <strong>il</strong><br />

compimento dell’attesa nel futuro appartiene «per sua essenza» 67 al presente che a esso<br />

ambisce. Lukács non è lontano da quest’ordine di riflessioni: egli considera la speranza e <strong>il</strong><br />

ricordo come due «intensità temporali» 68 che del tempo sono costitutive.<br />

L’affinità tra Ingarden e Lukács a questo proposito è rafforzata – e in parte originata –<br />

dalla r<strong>il</strong>evanza peculiare che <strong>il</strong> primo attribuisce al passato rappresentato. Ingarden scrive<br />

che se un personaggio «si trasferisce intenzionalmente nel passato […] questo<br />

trasferimento riesce in misura ben maggiore di quanto avvenga nel ricordo reale di una<br />

persona reale» 69 . Nel tempo rappresentato si dà la possib<strong>il</strong>ità di connettere presente e<br />

passato circolarmente, in un modo che nel tempo reale non è possib<strong>il</strong>e. Il tempo<br />

rappresentato, come osserva Gasperoni nell’“Introduzione” all’opera di Ingarden, è così<br />

capace di «superare la temporalità reale» 70 , in quanto esso realizza con <strong>il</strong> passato un<br />

rapporto più intenso e unitario – nella relazione di esso con <strong>il</strong> presente – di quello attuato<br />

dal tempo reale. Il “priv<strong>il</strong>egio” del tempo rappresentato rispetto a quello reale non<br />

riguarda però soltanto la relazione con <strong>il</strong> passato. Centrando <strong>il</strong> suo discorso «nell’ora» 71<br />

62<br />

R. Ingarden, L’opera d’arte letteraria cit., p. 330.<br />

63<br />

Ibid., p. 326.<br />

64<br />

Ibid.<br />

65<br />

Ibid., p. 327.<br />

66<br />

Ibid.<br />

67<br />

Ibid.<br />

68<br />

G. Lukács, Teoria del romanzo cit., p. 121.<br />

69<br />

R. Ingarden, L’opera d’arte letteraria cit., p. 332.<br />

70 Ibid., p. 21.<br />

71 Ibid., p. 332.<br />

Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />

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