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6lo 13 e in relazione con la cultura di Golasecca 14 . tuttavia l'assenza dianfore da trasporto tra i reperti di Villa del Foro e lungo le presumibilidirettrici del suo commercio indica che a questo esteso e articolatocomplesso di relazioni non doveva corrispondere un grande oproporzionale volume di merci 15 . tale constatazione vale ovviamenteanche per la Val d'Orba, naturale via di comunicazione con13 P. MeLLi, Nuovi scavi nel complesso di S. Maria in Passione a Genova, in Nelricordo di Nino Lamboglia. Studi e ricerche di storia, toponomastica, epigrafia, archeologia,storia dell’arte e restauro, atti del convegno, Genova, albenga, bordighera,20-22 marzo 1998, a cura di d. GandOLFi, in Rivista di Studi Liguri, LXiii-LXiV,1997-8, pp. 161-186, alla p. 179, EADEM, Genova. Dall’approdo del Portofranco all’emporiodei Liguri, in I Liguri. Un antico popolo europeo tra Alpi e Mediterraneo cit., pp.285-297, alla p. 285, ove si accenna al fondale marino nell’ansa del Mandraccio che harestituito “materiali databili tra la fine del Vii e la fine del Vi secolo a. c., che costituisconola prova dell’utilizzo come approdo da parte di mercanti stranieri”, in particolareframmenti di anfore vinarie etrusche e di una coppa, tutti della fine del Vii secolo.14 Sebbene più tardo (intorno al 440/30 a. c.), il corredo di una tomba genovese ètuttavia significativo, perché comprendeva un pendaglio ornamentale in oro e argentoche trova riscontro in un altro di como, oltre a una collana d’ambra con un pendente astivaletto, analogo a esemplari di Spina e di rheinheim, e a fibule d’argento e oro deitipi Fraore e certosa, le quali “appartengono ad un ristretto gruppo di esemplari inmetalli preziosi ispirati a modelli tipici dell’area occidentale golasecchiana, rielaboratiin un ambito culturale periferico. i confronti più prossimi rimandano a prodotti di artigianioperanti nella Padania etrusca”: P. MeLLi, La Necropoli preromana di Genova.Tomba 30, in Ori delle Alpi, Quaderni della Sezione archeologica castello delbuonconsiglio, Monumenti e collezioni provinciali, trento, 1997, p. 328-330. cfr.anche F. M. GaMbari, Il quadro archeologico cit., p. 97, il quale ha rilevato che “la presenzadi ceramica etrusco-corinzia, di norma quasi del tutto assente in italia nord-occidentale,a Genova, a Villa del Foro ed in area golasecchiana sembra indiziare emblematicamenteun ruolo in stretto contatto con Genova dell’emporio fluviale alessandrino,attivo tra il secondo quarto del Vi secolo ed i primi decenni del V”.15 La brecciaroli taborelli ha interpretato come un’offerta votiva alle acque termaliun vaso di forma aperta, a vernice nera, prodotto a tarquínia tra la fine del iV secolo e lametà del iii a. c., del quale è stato rinvenuto ad acqui un frammento del fondo, e ha negatoche quel reperto e altri analoghi possano essere considerati attestazioni di “un sistemaconsolidato di rapporti e scambi commerciali”, perché “non sono finora segnalati, per l’epocache precede la romanizzazione del basso Piemonte e contrariamente a quanto riscontrabilealtrove, ritrovamenti di anfore, ossia dei contenitori da trasporto costantemente presentiin altri siti liguri della seconda età del Ferro, la cui commercializzazione costituisceunica giustificazione del trasporto di suppellettili fini da mensa, come la ceramica a vernicenera, che notoriamente costituivano nell’antichità semplice “merce d’accompagno”di derrate alimentari e altre merci di valore superiore”: L. brecciarOLi tabOreLLi,Ceramiche a vernice nera nel Basso Piemonte. Alcune precisazioni e qualcheriflessione, in Ligures Celeberrimi citati, pp. 127-138, alle pp.130-132 e 136.

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