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versanti dell' appennino intorno alla porzione di ager publicus concessaai Vituries Langenses, la quale, secondo la più attendibile inter-37possesso e la garanzia della sua continuità erano tali, che gli occupanti avevano potutoprocedere sui loro appezzamenti all’ impianto di vig<strong>net</strong>i, di prati stabili, che potevanoormai anche essere ridotti a «difesa», cioè chiusi ed esclusi dal diritto di pascolo”.tuttavia i prati non erano stabili nella propria ubicazione, ma nella propria dimensione(cfr. la nota seguente).38 Quei ager compascuos erit in eo agro quominus pecu[s p]ascere GenuatesVeituriosque liceat, ita utei in cetero agro Genuati compascuo ni quis prohibeto nive quisvim facito neive prohibeto quominus ex eo agro ligna materiamque sumant utanturque:tavola di Polcevera, righe 32-35. uno dei problemi che hanno diviso gli studiosi è se questoager compascuus fosse esterno all’ager publicus oppure se si trovasse nella porzionedi ager publicus in possesso di ognuna comunità, come è esplicitamente detto dei prati cintatiche la sentenza menziona alle righe 37-42 (cfr. la nota precedente). La soluzione delproblema si ricava dal testo della sentenza. infatti appare rilevante che, in un dispositivoordinato in logica successione nelle sue parti, la normativa riguardante l’ager compascuusnon stia a sé, ma sia inserita all’interno di quella riguardante l’ager publicus, tra le disposizionirelative ai suoi possessori e al pagamento del vectigal (righe 23-32: cfr. ii, nota n. 40)e quelle relative ancora al pagamento del vectigal e al regolamento dei prati cintati (righe35-42: cfr. ii, nota n. 37), suggerendo che questo compascuo si trovasse entro le parti diager publicus in possesso delle singole comunità. Questa interpretazione trova confermanell’uso del futuro erit, anziché est, laddove la sentenza stabilisce che quei ager compascuoserit in eo agro quominus pecu[s p]ascere Genuates Veituriosque liceat.evidentemente fu usato il futuro perché questo compascuo non aveva una ubicazione fissa,ma variava in relazione con lo spostamento dei prati cintati. il significato dell’uso del tempofuturo non è sfuggito a G. PetraccO Sicardi, Ricerche topografiche e linguistiche sullaTavola di Polcevera cit, pp. 9-12, la quale ne ha indotto che una parte dell’ager publicus“rimaneva di volta in volta aperta al compascuo (quei ager compascuos erit)” e ha affermatoche “l’agro compascuo non è indipendente dall’ agro pubblico, ma costituisce unaparte di esso e precisamente la parte dell’agro pubblico che non è stata ancora messa a colturae che non viene temporaneamente cintata per ricavarne il fieno”, cosicché l’agro compascuo“si definisce negativamente come la parte dell’agro pubblico che non viene sfruttataper usi diversi dall’ius pascendi e dove quindi il pascolo rimane libero”; che “l’estensionedei prati è fissa e non può venire ampliata, ma l’ubicazione di essi può variare”; anziha ritenuto che “tra prati e pascoli liberi avvenisse una specie di rotazione, per mezzo dellaquale si poteva sfruttare la concimazione naturale del terreno dovuta al pascolo libero permigliorare il rendimento dei prati”; che “per di più quando si menzionano gli Odiati e lealtre comunità diverse dai Genuati e dai Viturii non si parla dell’agro compascuo (cheviene menzionato precedentemente alla l. 33 e per una disposizione che riguarda soltanto iGenuati ed i Viturii) bensì dei prati che, come vien detto esplicitamente alla l. 37, si trovanoin agro poplico”; che “probabilmente la tecnica di sfruttamento dei prati era di origine

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