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Si avviò giuliva verso la stanza da letto per sistemare le altre valigie,<br />
intanto che io cercavo di ricordarmi dove avevo letto che i francesi<br />
mangiano poco e leggero. La seguii in camera.<br />
«Senti,» – cominciai io – «prima di mettermi a cucinare ho bisogno di<br />
capire meglio la questione di cui abbiamo parlato in macchina.»<br />
«Il nome del nostro primo figlio?» - ma com’è che riusciva sempre a<br />
spiazzarmi così?<br />
«Ma... ma non abbiamo mai parlato di figli!» - risposi quasi urlando.<br />
«C’est vrai. Ma io ci pensavo in macchina. Che ne pensi di Marta? E<br />
per un garçon invece...»<br />
«Ma no, ma no! Io parlo della discussione sulla tua assunzione. Su tuo<br />
zio. Sulla mafia...»<br />
«Ah quello. No non è la maffia.»<br />
«Mafia, si dice mafia. Senti non è un argomento da poco. Dalle mie<br />
parti è un argomento molto serio. E anche se io non sono mai stato un<br />
eroe dell’antimafia, ho partecipato alle manifestazioni, per quanto inutili.<br />
Cerco di stare molto attento quando decido chi votare, cerco di<br />
informarmi il più possibile. In Italia è una vera guerra. Sai Falcone, la<br />
strage di Portella delle Ginestre, Berlusconi, Andreotti, Peppino<br />
Impastato...»<br />
Ci sedemmo sul bordo del letto e le raccontai tutto quello che sapevo<br />
o che credevo di sapere sulla mafia, sugli intrighi pol<strong>it</strong>ici, gli affari, ecc...<br />
Lei mi seguiva attenta. Ogni tanto mi faceva delle domande, altre<br />
volte mi faceva ripetere i passaggi più complicati. Dopo un po’, dopo un<br />
po’ che avevo fin<strong>it</strong>o di raccontare, dopo un po’ che lei si era chiusa nel<br />
suo silenzio a riflettere, mi disse:<br />
«Non è la maffia.»<br />
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