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Giulio Reload - Operaincerta.it

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Ventiquattro<br />

Insomma questa è la storia. Vera e Lorenzo, quasi fratello e sorella,<br />

che si r<strong>it</strong>rovano dopo tanti anni; la famiglia di Vera felicissima di r<strong>it</strong>rovare<br />

Lorenzo, che se lo coccola come un insperato figliol prodigo e lo zio Calogero,<br />

pace all’anima sua, che ha fatto da colla per riattaccare i pezzi di<br />

questa famiglia allargata. Bellissimo. Grande. Edificante. Ma io continuavo<br />

a chiedermi che ci facevo in quella gabbia di matti toccati dalla grazia<br />

di una puntata di Beautiful per emigranti. Il mio rapporto con Vera restava<br />

ambiguo come una pizza al cioccolato e casa mia cominciava seriamente<br />

a mancarmi, cosa che mi metteva di pessimo umore, specie la mattina<br />

quando non riuscivo a trovare un buon caffè e una copia del Manifesto o<br />

di Repubblica. Passavo il resto della mattinata a peggiorare il mio umore<br />

nello sforzo di leggere in francese visto che ormai i miei libri <strong>it</strong>aliani li<br />

avevo fin<strong>it</strong>i da un pezzo. E oltre ai libri mi stava anche finendo il contante.<br />

La mia già magra liquidazione stava lentamente ma inesorabilmente vaporizzandosi<br />

come l’integr<strong>it</strong>à morale di un neo eletto al parlamento. Il<br />

pomeriggio invece lo passavo a ruminare le mie preoccupazioni nel giardino<br />

dietro casa, in compagnia di Pietro, delle sue elaborazioni filosofiche e<br />

degli spinelli che continuava a rullare. Rinunciai però a seguirlo sui monti<br />

delle Vosges nella sua scampagnata annuale per la raccolta di funghi allucinogeni<br />

perché non mi sentivo molto dotato per le scarpinate in montagna<br />

e anche perché avevo già l’impressione di vivere in una lunga allucinazione,<br />

procurarmene pure di artificiali sarebbe stato troppo per il mio sistema<br />

nervoso.<br />

Decisi che non poteva continuare, di prepararmi al grande passo.<br />

Sarei part<strong>it</strong>o. Una breve sosta a Strasburgo a recuperare le mie cose e poi<br />

via, r<strong>it</strong>orno in Sicilia. Coda fra le gambe e corna calate avrei ripercorso lo<br />

stretto di Messina strascicando i piedi lungo il ponte del traghetto e avrei<br />

ridotto in coriandoli la foto di Vera spargendone i frammenti per il mare,<br />

mentre il sole sarebbe tramontato alle mie spalle e una ch<strong>it</strong>arra<br />

malinconica avrebbe intonato le note di un pezzo di Ivan Graziani. Che<br />

tristezza! Ma naturalmente i miei progetti sono destinati a fallire. Già,<br />

perché a un certo punto, quando sono sul punto di preparare il mio zaino<br />

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