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Giulio Reload - Operaincerta.it

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Dodici<br />

Tutto è immerso in un gigantesco acquario. Vi giaccio. Sul fondo.<br />

Seduto. I sensi in letargo. La coscienza in cerca di un appiglio.<br />

L’acquario si chiama: «l’appartamento di mio fratello Corrado».<br />

L’acquario è a Strasburgo. Oltre l’acquario un mondo di pesci, che<br />

articolano suoni scivolosi. Oltre l’acquario la TV parla una lingua<br />

bizzarra.<br />

Riemergo lentamente. Galleggio placido in superficie. Mi sveglio col<br />

cervello impastato. La poltrona è scomoda. La schiena urla. La TV<br />

continua a parlare. Io continuo a non capire. La spengo.<br />

Il rumore del silenzio è il ronzio sordo di un frigo, è il tictac di un<br />

orologio appeso al muro.<br />

La finestra dà su una piccola strada chiusa al traffico. È appena<br />

ottobre, ma le sciarpe e i cappelli di lana avvolgono i passanti. La strada è<br />

sormontata dalle case in stile. Due tre piani al massimo. Tetti spioventi di<br />

tegole piatte e travature in legno. Arch<strong>it</strong>ettura classica nordeuropea, sotto<br />

un cielo metallico.<br />

Corrado è andato via due giorni dopo il mio arrivo: «Ho un lavoro a<br />

Parigi, resto qualche settimana da un amico e poi torno».<br />

L’appartamento è in centro. Al centro del silenzio. Il quartiere è<br />

pieno di studenti. Ne vedo passare tanti sotto la mia finestra. Passano in<br />

bici, a piedi, camminando o correndo verso la stazione. Passano in<br />

silenzio. Mai un grido, una sciàrria, musica a palla dall’appartamento<br />

vicino. Mai «la volete finire di rompere i coglioni, che devo dormire!».<br />

Tutto. Molto. Tranquillo.<br />

Sto a Strasburgo da un mese. Ogni mattina mi alzo avvolto dal<br />

silenzio. Apro le tende su un cielo dalle svariate sfumature di grigio. Giro<br />

per il centro storico come un turista giapponese senza macchina<br />

fotografica: la cattedrale, il quartiere vecchio, il fiume. Ripenso spesso a<br />

Vera. Durante le mie passeggiate cerco di ricordare tutti i particolari di<br />

quell’incontro, di afferrare quello che mi sfugge, che mi impedisce di<br />

capire cos’è successo e com’è che mi r<strong>it</strong>rovo in questo posto.<br />

Da un mese mi sento come un Cristo in croce, consapevole di dover<br />

fare o dire qualcosa, ma ignoro totalmente che cosa.<br />

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