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«Ah! Allora...» «E siccome la mafia non ha mai smesso di sorvegliare la Pina Pippì, ecco che hanno ritrovato la pista di mio padre e della sua lista.» «Ma, perché proprio Vera?» In quel preciso momento Vera entrò nella stanza carica delle mie camicie, buttandomele addosso: «Senti belloccio mio, io non sono la tua serveuse, fattela tu la tua valigia.» Lorenzo si alzò in piedi. «Forse vuole difendere il mio onore di uomo masculo siculo», - pensai. «Mi senti Giulio? Mi senti?» Era la voce di Vera che mi chiamava. Il rollio della macchina e lo scorrere dei miei ricordi mi aveva provocato una sonnolenza da domenica pomeriggio e avevo finito per cedere. «Ti sento chéri, ti sento.» 134
Trentaquattro «Siamo arrivati?» - chiesi a Vera con la voce impastata dal sonno. «No, manca ancora una mezzoretta» - il ronzio del motore ed il movimento della macchina, unito alla luce del crepuscolo, al brusio della conversazione di Pietro e Lorenzo che stavano davanti e alla musica in sottofondo che ora era passata a non so che stagione di Vivaldi, mi provocava una pesantezza delle palpebre tale da impedirmi anche di alzare la testa. Mi sistemai meglio sulle gambe di Vera: «Ti dispiace svegliarmi quando arriviamo, allora?» «Tu es fatigué cheri?» «Sì, sono un po’ affaticato in effetti» – dissi, riflettendo sulla bizzarria della lingua francese che utilizza fatigué per descrivere situazioni diverse che vanno dall’affaticamento, alla stanchezza o al sonno. «Volevo solo posarti una domanda.» «Posala pure, ma non so se riesco a risponderti, sono molto fatigué» «Dove ti ha portato Lorenzo?» «Ah quello... senti è un discorso un po’ delicato, ne parliamo a quattr’occhi quando arriviamo. Ti dispiace?» «No, va bene, ne parliamo dopo. Dors cheri, dormi tranquillo.» E chiusi gli occhi lasciandomi cullare dalla macchina, dai discorsi di Pietro e Lorenzo sull’illuminazione e sul Tantra e da non so quale stagione di Vivaldi. Ma la mia mente continuava a tornare ai ricordi della giornata riavvolgendoli e scorrendoli come su un nastro. Lorenzo si era alzato in piedi: «Vera, ti devo parlare» «Va bene, ma Giulio deve andare a preparare la sua valigia, non sono la sua serveuse io.» «No, appunto, ho bisogno di Giulio adesso, e ho bisogno della tua fiducia.» «Che vuoi dire.» «Devi darmi la lista.» «Perché?» «Non possiamo portarcela dietro, è troppo pericoloso.» «...» 135
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GIANNI FAILLA GIULIO RELOAD operain
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Uno Sonnecchiavo tranquillo. Un fil
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Due La sera stessa chiamai i miei a
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fluivano al ritmo dei Pink Floyd, c
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parla la Bibbia, quando ci descrive
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«Ah Bruto, tu quoque... vedi che l
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abituali: famiglie delle città vic
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giornate di sole sono una festa per
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La nuvola era soffice e dava sensaz
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specie di armadi che si trovano in
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Sei E mi svegliai. Per tutta la mat
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L’ascoltai. C’erano decine di p
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Il sole si spegneva lentamente nel
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del corpo insegnante, che ad una re
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Quel giorno il Professore non aveva
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Andare a prendere il caffè mattuti
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Da dietro, io assistevo alla scena:
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Pietro che preso da un attacco di p
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Diciassette Pietro non mi aveva mai
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«In effetti mi sento poco bene» -
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Diciannove Fui installato nella cam
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stava chiusa nella sua camera a cha
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Venti Passeggiavo per la città sen
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gente che incontravo mi pareva di c
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