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Giulio Reload - Operaincerta.it

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generazione di giovani per spegnere le loro capac<strong>it</strong>à di reazione. Una<br />

catastrofe. Ogni giorno quindi, nel corso delle mie peregrinazioni, mi<br />

impegnavo, fra un colloquio e l’altro, nella ricerca del miracoloso bar da<br />

cui ottenere un caffè decente.<br />

Poi un giorno lo vidi. Defilato in una viuzza secondaria. L’entrata<br />

mesta e spartana. Nessuna insegna al neon dai colori sgargianti. Solo una<br />

scr<strong>it</strong>ta sopra la porta d’ingresso: Bar Sicilia. Entrai con gli occhi bassi,<br />

timoroso come un pellegrino nel tempio e allo stesso tempo cauto per le<br />

troppi delusioni già sub<strong>it</strong>e dal mio palato. Il barista, di spalle, armeggiava<br />

con la macchina da caffè espresso.<br />

«Un caffè, per favore» – azzardai in <strong>it</strong>aliano – «in tazza piccola.»<br />

Il barista emise un grugn<strong>it</strong>o di comprensione e dopo qualche secondo,<br />

consegnò una tazzina calda alla sua aiutante:<br />

«Pour l’<strong>it</strong>alien» - le disse concentrato sulla sua macchina e con un<br />

forte accento <strong>it</strong>aliano.<br />

La ragazza depos<strong>it</strong>ò a mani giunte e con cautela la tazzina fumante sul<br />

bancone, davanti a me. Mi incantai qualche secondo a contemplare la<br />

schiuma bruna che ricopriva il liquido nero. Il profumo evocava<br />

piantagioni colme di gioiosi schiavi neri che intonavano tristi blues.<br />

Toccai con mano tremante la tazzina. Calda al punto giusto. Il r<strong>it</strong>o<br />

imponeva a quel punto l’aggiunta dello zucchero. Dalla bustina<br />

fuoriuscirono centinaia di candidi grani che con un melodioso fruscio si<br />

fermarono a galleggiare sulla superficie schiumosa. Mi sorpresi a sorridere<br />

beota. Ero emozionato e le mie ghiandole salivari si misero a ronzare<br />

come mosconi innamorati. Era tutto perfetto, come in un sogno. Non<br />

restava che assaggiarlo, ma avevo paura di sciupare tutto. Mi decisi. Il<br />

liquido caldo mi scivolò, denso e liquido al punto giusto, in gola fin giù<br />

nello stomaco, dove avrebbe contribu<strong>it</strong>o a risvegliare finalmente il mio<br />

vecchio principio di ulcera. Le papille gustative risorsero dal loro torpore,<br />

abbracciandosi festanti e proclamarono la giornata, festa nazionale. Il<br />

cervello ricevette segnali e stimoli di ogni sorta, inviando al nervo ottico<br />

allucinazioni di colore e producendo immediatamente quattordici idee<br />

geniali, fra cui una spiegazione credibile e non religiosa al senso della v<strong>it</strong>a,<br />

che dimenticai nello spazio di qualche secondo. Terminai avidamente il<br />

caffè, raccogliendo con il d<strong>it</strong>o gli ultimi rimasugli di zucchero sul fondo<br />

della tazzina e rivolsi al barista uno sguardo di grat<strong>it</strong>udine eterna. Decisi,<br />

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