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Ventidue<br />
Camminavamo in fretta io davanti e Lorenzo dietro. Non mi aveva<br />
spiegato perché volesse vedere Vera, ma mi aveva trasmesso un senso di<br />
urgenza che mi faceva affrettare il passo come se avessi dimenticato il gas<br />
aperto.<br />
Arrivammo davanti alla porta di casa e mi stavo ancora chiedendo<br />
come avrei presentato Lorenzo alla famiglia, quando la porta si aprì. Vera<br />
ne uscì intabarrata e imborsettata.<br />
«<strong>Giulio</strong>! Stavo venendo a cercarti...»<br />
Che picciotta premurosa.<br />
«Ti presento Lorenzo. Un vecchio amico che ho incontrato per caso.<br />
Incredibile vero? In un paesino piccolo come questo, che incontri.... incredibili...<br />
che...»<br />
Le parole mi morirono in bocca perché intanto che io sproloquiavo,<br />
Vera e Lorenzo avevano cominciato a lacrimare all’unisono e dopo pochi<br />
istanti di es<strong>it</strong>azione si erano gettati silenziosamente l’uno nelle braccia dell’altro.<br />
Si tenevano stretti, a lungo, senza suoni, semplicemente scossi dal<br />
frem<strong>it</strong>o dei singhiozzi. Una danza immobile, in cui era il resto del mondo<br />
a girare intorno. E poi il viso di Vera, disperato e incantevole sotto un<br />
velo di lacrime e singhiozzi. Anche i miei occhi si arrossavano, alludendo<br />
all’arrivo imminente di lacrime di commozione.<br />
Non sapevo come interpretare la scena né come reagire. Poi, piano<br />
piano, il siciliano con coppola e baffetto, emerse dalle profond<strong>it</strong>à del mio<br />
essere. Secondo lui questi due si pomiciavano davanti a me senza r<strong>it</strong>egno e<br />
per di più ero stato io a portare Lorenzo a casa di Vera. Non solo fesso,<br />
ma anche disonore della famiglia! Per recuperare, secondo lui, non c’era<br />
che una soluzione: il del<strong>it</strong>to d’onore. Mai passato di moda, sempre pul<strong>it</strong>o<br />
ed elegante, un classico della cultura med<strong>it</strong>erranea. E in caso di dubbio sul<br />
da farsi, aggrapparsi alle proprie radici culturali è sempre cosa buona. Purtroppo<br />
però non ero tagliato per il dramma. Le tragedie passionali: strapparsi<br />
i capelli, cospargersi la testa di cenere, farsi saltare in aria nella pubblica<br />
piazza urlando il nome di lei o più semplicemente spararli tutti e<br />
due, no, non erano cosa per me. Preferivo somatizzare tranquillamente,<br />
un’ulcera silenziosa, con i miei tempi. Rimisi a dormire il sicilianuzzo<br />
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