Giulio Reload - Operaincerta.it

Venti
Passeggiavo per la città senza una meta fissa, per il piacere e la meraviglia
di scoprire un paesaggio estraneo come la superficie della luna. Contrariamente
a Strasburgo, dove si distingue un centro storico da una periferia
più recente, in questo paese di ex minatori non c’è differenza fra le
case nello stile architettonico o nel periodo di costruzione . È come se il
paese fosse sbucato dal suolo d’un colpo, tutto assieme e tutto uguale. E
probabilmente è stato cosi, all’epoca in cui i minatori costituivano il motore
di questa parte della Francia, prima della chiusura delle miniere. Un
piano o due, il tetto a punta, il giardino davanti e l’orto dietro. Questo è il
modello di casa più diffuso in paese. Monofamiliari circondate di verde,
come nelle commedie americane a lieto fine. Se non fosse per un cielo grigio
da cui il paese è costantemente sovrastato e per quell’atmosfera da «la
festa è finita e gli amici sono andati» che si respira nell’aria. L’unica differenza
considerevole nel panorama architettonico è costituita dalle banlieues.
I quartieri popolari. Chiamati anche blocs, blocchi, per la forma
squadrata di ogni palazzo. Un’immensa parete di cemento alta diversi piani
e larga quanto una bestemmia contro il paesaggio e la dignità degli uomini.
Un tempo nei blocchi ci abitavano parecchi italiani.
Era il tempo in cui quegli italiani lavoravano in miniera o si adattavano
un po’ dappertutto come operai. Il blocco costituiva allora un’alternativa
di lusso alle baracche di legno senz’acqua calda e senza servizi. Poi col
tempo gli italiani, fra i quali molti erano muratori, erano riusciti a scappare
dai blocchi e a costruirsi una casetta. Le loro condizioni economiche e
sociali con gli anni erano migliorate e piano piano i francesi avevano abbandonato
l’uso di dispregiativi come ritals o macaronì. Gli italiani si erano
mano a mano francesizzati e i loro figli avevano potuto studiare ed occupare
i posti chiave della gerarchia lavorativa e sociale francese. Ora nei
blocs ci abitano i nuovi poveri, i nuovi reietti, per la maggior parte arabi
provenienti dalle ex-colonie francesi o neri delle regioni francesi d’oltre
oceano. Il disprezzo francese ha trovato nuovi bersagli e nuovi nomi, racaille,
ratons e cosi via. Le banlieues sono restate dei veri e propri ghetti in
cui la rabbia e la ribellione hanno continuato a trovare adepti. I governi,
sia di destra che di sinistra, non sono riusciti a risolvere il problema o for-
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