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Michael Tobias | 20 La Legge di Felham | 21<br />
Tutto ciò può spingere il lettore a chiedersi come io possa descrivere<br />
così accuratamente la disperata uscita di Felham dalla Tailandia.<br />
Ci sono state infatti fughe precedenti, alcune delle quali raccontatemi<br />
da lui in dettaglio in momenti di triste noncuranza, personalità<br />
multipla (?) o panico giovanile.<br />
In una di queste occasioni, la descrizione ci ha portato a quello che<br />
adesso riconosco essere un labirinto della logica.<br />
"Perché, voglio dire, come... PERCHE'?" lo imploravo, allora "e<br />
perché me lo stai dicendo?" Ero arrabbiato, terrorizzato, incredulo, ed<br />
era la prima notte di una lunga, irrefutabile pesantezza. Era appena<br />
uscito da un bagno in stile francese con delle larghe bende tutto intorno<br />
alla mano. Aveva un odore particolare, qualcosa tra un mercato del<br />
pesce e un animale morto.<br />
"Perché ho bisogno che tu lo sappia, ecco perché. Perché sei il mio<br />
unico fratello."<br />
Le parole rimbalzavano, un baratro fra di noi, e per la prima volta<br />
la mia personale situazione cambiò, legame familiare, odioso collegamento<br />
con il non voluto, e io mi sentii in disgrazia, impuro, sporco.<br />
Non avrei mai dimenticato la sensazione di venire implicato. La<br />
Tailandia era solo la più recente di una serie di implicazioni.<br />
"C'è del male in questo mondo" mi ricordò quietamente. Adesso la<br />
profezia riaffiorava.<br />
"E tu lo stai aumentando" sostenni.<br />
"No. Io cerco lealmente di fermarlo."<br />
"Uccidendo persone?"<br />
"Sto facendo la mia parte per minimizzare la violenza globale.<br />
Abbiamo sganciato bombe atomiche in Giappone per la stessa ragione,<br />
non perché pensavamo fosse una bella cosa uccidere qualche centinaio<br />
di migliaia di giapponesi, ma perché supponevamo - e avevamo<br />
probabilmente ragione - che alla fine avremmo salvato più vite di<br />
quante ne avremmo distrutto".<br />
Lo disse senza paura, nonostante il fatto di avere una cognata giapponese,<br />
il cui zio era stato in guerra, combattendo dall'altra parte. Ma<br />
non c'era niente di personale nel suo pensiero. Sapevo anche questo.<br />
"E' diverso. Noi eravamo una nazione che era stata attaccata, e ha<br />
preso una decisione nazionale di vendetta. Cioè non intendo vendetta,<br />
intendo -"<br />
"Intendi punizione"<br />
"Anche" dissi "Era giusto." Avrei voluto rimangiarmi quella parola.<br />
Perché giustizia e guerra non si sono mai ben conciliate nella mia<br />
mente. Eppure, cos'altro può giustificare l'atto di uccidere?<br />
"La punizione è la forza al lavoro" continuò "Il verbo che ci fa fare<br />
le cose - il desiderio di punire. La purezza della punizione, l'intensa<br />
soddisfazione che arriva con la punizione. Non puoi negarlo. Noi<br />
volevamo storpiare quei bastardi. Farli soffrire. È facile parlare di<br />
riconciliazione mezzo secolo dopo. Ma Pearl Harbour è un fatto<br />
reale."<br />
"E chi stai punendo?" Gli chiesi "L'intera razza umana?"<br />
"Non so da dove iniziare" disse, sospirando con un moto di impazienza<br />
"tu e io abbiamo modi di vedere del tutto differenti." Parlò con<br />
la sconfitta nella voce reagendo al fatto che in passato avevo girato le<br />
spalle ad alcune sue attività; decretando il mio totale non coinvolgimento,<br />
la mia censura al poco che sapevo di lui. Quel poco era più che<br />
abbastanza. Abbastanza per rovinarmi.<br />
"Sto ascoltando" dissi seccamente.<br />
"Noi siamo tutti uguali sulla terra. Ogni essere vivente che sicuramente<br />
sente la stessa gioia e lo stesso dolore, come qualunque persona<br />
che conosco. I loro sistemi neurologici sono sostanzialmente tanto<br />
complessi quanto il nostro, perfino in una creatura semplice come un<br />
paguro."<br />
"Hai parlato con qualche paguro ultimamente?"<br />
"Io non conosco la loro lingua, ma non conosco neanche il tibetano<br />
o il giapponese, se è per questo, ma ciò non mi impedisce di ammirare<br />
i tibetani o i giapponesi."<br />
"Mi aspettavo una analogia più intelligente da parte tua."<br />
"Ascolta fratellino, gli animali sono l'essenza dell'intera intelligenza,<br />
di tutte le analogie. Ogni metafora, nell'arte, nella letteratura,<br />
nel pensiero umano. Hai dei dubbi? Vuoi un'analogia intelligente,<br />
guarda nel regno animale. Sono intelligenti, bimbo; più intelligenti di<br />
quanto siamo in grado di immaginare, questo è stato provato a innumerevoli<br />
livelli, in decine di migliaia di situazioni."<br />
Bimbo? E’ di una vita precedente. Tranne per il fatto che non ero<br />
più così ingenuo. E la mia fanciullezza non era più rilevante in quelle<br />
condizioni. "Fammi un esempio" dissi.<br />
"Mi stai sfottendo."<br />
"No. Davvero, un esempio." Non ero un ignorante in letteratura,<br />
benché certamente un po' vago nei dettagli. Ma ero stupito dal modo<br />
sfuggente con cui stava cercando di allontanare l'attenzione da quello<br />
che era, per essere chiari, il suo crimine contro l'umanità.<br />
"Washoe."<br />
"Lo scimpanzé?"<br />
"Già."