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Michael Tobias | 32 La Legge di Felham | 33<br />
inondato dalla mancanza di compassione. Doveva saperlo che era<br />
impossibile. Anche una Madre Teresa deve misurarsi con qualcosa di<br />
quantificabile, un ospizio alla volta, niente di più.<br />
Ma non aveva il tempo di affrontare il problema, era meglio assumere<br />
l'espressione di chi sta per perdere la coincidenza. Un'aria sicura,<br />
non dissimile da altri turisti, rammolliti pattugliatori di spiagge<br />
sulla strada per Puket. Senza fiato, passando la dogana, con una taglia<br />
sulla sua testa. La coda richiederà dieci minuti... nessuna possibilità di<br />
saltarla, se non col pretesto di star perdendo l'aereo. La guardia mi<br />
chiederebbe il biglietto e noterebbe che sono invece in orario. Perché<br />
tutta questa fretta? C'è qualcosa che non va, penserebbe, sentendo l'odore<br />
del sangue.<br />
"Biglietto?" chiede l'ufficiale. Al suo fianco una guardia munita di<br />
fucile, l'arma pronta, che sporge verso l'alto dalla cintura militare.<br />
"Passaporto?" I controlli di sicurezza sono enormemente aumentati a<br />
causa di un recente incidente aereo. Riflusso del motore o un sabotaggio<br />
deliberato?<br />
Felham, coi nervi tesi, gli allunga il suo passaporto falso, con un<br />
nome oscuro e generalità europee, insieme alla carta d'imbarco. Il passaporto<br />
viene esaminato, controllato al computer e, in qualche modo -<br />
grazie a Muppet - ottiene il nulla osta. Ma, un momento, il battito del<br />
cuore inciampa e si ferma: non c'è più spazio, ci vorrebbero altre pagine.<br />
L'ufficiale della dogana si acciglia, scuote la testa a metà, poi studia<br />
Felham. Felham mormora C'è qualcosa che non va? Non usa mai<br />
la parola "problema". Chiamarlo problema aumenta il problema.<br />
Ma l'ufficiale della dogana non dice niente, passa il tempo esaminando<br />
la lunga lista di itinerari precedenti. E' una cosa normale, o così<br />
Felham crede. Il passaporto in suo possesso è particolarmente denso<br />
dei vagabondaggi di un nomade irrequieto, tutti inventati.<br />
Felham sente i suoi assalitori sul collo e freme impazientemente<br />
all'indolenza dell'ufficiale di fronte a lui, che sembra voler indovinare<br />
la storia della vita di Felham.<br />
"Non c'è più posto." Dice l'ufficiale con irritazione, non riuscendo<br />
a trovare spazio per il timbro d'uscita.<br />
Felham sorride tranquillo. L'ufficiale stampa il timbro sopra quello<br />
birmano. Una settimana prima, Felham aveva sistemato alcune faccende<br />
proprio a sud di Rangoon, dove il delta produce enormi pianure<br />
di fango ed estuari che servono come luogo d'accoppiamento per innumerevoli<br />
uccelli migratori dell'Himalaya, un popolare terreno di caccia<br />
per la gang Tailandese. Bracconieri facili da far fuori nei loro stes-<br />
si bunker mimetizzati, con un fucile di precisione a mirino laser. Alla<br />
giusta ora del giorno o della notte, i corpi sarebbero sprofondati nel<br />
fango senza lasciare tracce, mentre le maree in arrivo, con i loro crepuscoli<br />
bramosi di squali, li avrebbero prontamente fatti sparire. Un<br />
bello sport. Quasi una vacanza. Quei bastardi tailandesi affondavano.<br />
Aveva strappato il cuore di una delle più grosse operazioni del mondo<br />
nel suo genere.<br />
"Sangue!" gridò una seconda giovane madre, distogliendo lo sguardo,<br />
trascinando via il suo bambino da ciò che, nel comune parlare cittadino,<br />
sapeva di qualcosa di collegato all'AIDS. Il caos della malattia<br />
che fa vacillare la calma di una palestra per bambini; furia contro il<br />
colpevole; furia dell'urgenza protettiva di una madre, paragonabile a<br />
nessun'altra rabbia.<br />
L'omaccione sanguinante, seccato, umilmente colto in fallo nel suo<br />
goffo tentativo di fuga, di rifiuto, che cerca di nascondersi.<br />
Prima uno, poi altri neonati, spaventati, iniziarono a fare pipì nei<br />
pannolini.<br />
"Posso fare qualcosa?" si offrì l'unica madre non schifiltosa - Jessie<br />
- tenendo in braccio il suo fagotto che si agitava tra talco e pannolino,<br />
offrendogli una spalla per appoggiarvisi. A disagio, l'uomo massiccio<br />
coi pantaloni scozzesi, un tartan tribale di elegante tweed intrecciato<br />
anni '60, che faceva a pugni con il giubbotto da safari Banana Republic<br />
color kaki, giocherellò con le bende e si rimise le scarpe da basket di<br />
tela nera, impossibile trovarci una parte in cuoio. Professionale.<br />
Rustico. Un collezionista, pensò lei.<br />
"Tutto bene" gesticolò, allontanandosi dalla forza centrifuga che<br />
aveva scatenato.<br />
"Cos'è successo?"<br />
"Ho sbattuto malamente" cercò di spiegare Felham.<br />
Poi lei si accorse che lui aveva una cicatrice sul collo. "Non hai l'aria<br />
del tipo maldestro". La donna fu subito colpita dalla sua fierezza.<br />
Era la classica americana, carina come le modelle part-time delle<br />
fotografie sul retro delle confezioni di caramelle dietetiche. Forse l'ho<br />
già vista, forse mi ha già attratto? Come se lei avesse qualcosa di<br />
diverso, pensava Felham; qualcosa di insolito e imprevedibile nel colore<br />
dei capelli e nell'atteggiamento.<br />
Di discendenza irlandese-scozzese-idaho, Jesilia (Jessie) Moran<br />
stava facendo da baby sitter al figlio di quattordici mesi della sua<br />
migliore amica Astrid, soprannominato, non a caso, Schizzetto. Era un<br />
gymboree in cui non era mai stata, mentre ne conosceva molti altri