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Michael Tobias | 184<br />
vazione del telefono nel bagno. Lo guardò e le balenò in testa il numero<br />
di sua madre. Poi quello del parrucchiere, Torrance Bader, un newyorkese<br />
calvo e atletico dalla mano veloce, impegnato sulle migliori teste del<br />
mondo dello spettacolo, con un sorriso che sarebbe stato di conforto per<br />
qualsiasi donna imprigionata nel proprio bagno. Tutto sarebbe andato<br />
per il verso giusto, le avrebbe detto, ma questo non bastava per evitarle<br />
un senso di nausea repentina e opprimente. Che l'unico l'uomo con cui<br />
aveva dormito da oltre un anno, l'unico che le fosse interessato, che fosse<br />
riuscito a smuovere qualcosa in lei, dovesse essere l'una o l'altra cosa, un<br />
fuorilegge o un pazzo completo. Non sapeva quale preferire. Non aveva<br />
alcuna pistola. Nessun coltello. Un uomo del genere avrebbe potuto<br />
tenerla in ostaggio? Sarebbe stato così semplice. 911. Tre cifre. Chiama,<br />
Jessie! Chiedi aiuto, stupida!<br />
"Sei veramente perverso" gridò tornando in camera da letto. Poi<br />
lanciò la spazzola per capelli verso di lui, stupendosi della propria mira.<br />
Lui evitò l'oggetto con remissività comprensiva, senza poter dire nulla a<br />
propria discolpa.<br />
"Perché mai ci siamo conosciuti?" chiese, quasi con un singhiozzo<br />
di futile angoscia.<br />
"Non lo so."<br />
"Non lo sai, non lo sai, non sai niente. Con tutti i giorni in cui sarei<br />
potuta andare a quel gymboree. Stupido destino!"<br />
"Me ne vado. Non è stata una buona idea." Felham si girò e iniziò<br />
a infilarsi frettolosamente i pantaloni. Sentiva male dentro.<br />
"Non c'è stata nessuna idea" ribatté lei con gli occhi socchiusi,<br />
"Buona o cattiva. E' solo accaduto. Una notte. Tutto qua, è finita. Proprio<br />
così," continuò, la volontà inespressa di risuscitare almeno qualcosa dell'esperienza<br />
condivisa, ma allo stesso tempo desiderandone la cancellazione,<br />
non tanto per strategia, ma perché ne soffriva. Le fitte dolorose<br />
per soluzioni non ovvie. Il traboccare di analogie. Tutti i criminali. Le<br />
disgrazie del mondo. Il momento sbagliato. Mettiamoci anche qualche<br />
senzatetto e tutte quelle rare malattie comuni nei bambini -ne aveva viste<br />
alcune- e magari il Congo e la Somalia. Era stata fortunata, senza dubbio.<br />
Non c'era mai stato niente fra loro, mai nessuna prova del loro essersi<br />
baciati. Nessuna romantica lettera d'amore. Nessuna speranza. Era<br />
enormemente imbarazzata dalla sua situazione.<br />
"Veramente?" domandò lui, dubitando del suo tono aspro.<br />
"E' così" disse lei con fare quasi sprezzante e cercando di concludere<br />
in maniera rovinosa, perché non sembrava esserci altro modo, nella<br />
rabbia e nel senso d'inutilità che provava in quel momento.<br />
"Ok. D'accordo." Lui era altrettanto desolato. "Magari ci rivedremo<br />
La Legge di Felham | 185<br />
un giorno. Mi spiace molto per tutto questo." Sembrava che ci fosse una<br />
bomba, nella stanza.<br />
Lo guardò e provò soltanto desiderio. Dio-mi-aiuti, un ardore impossibile.<br />
"E dove andrai? Dove puoi andare?" gli chiese, con noncuranza ma<br />
col timore che potesse andarsene davvero.<br />
"Non credo tu lo voglia sapere."<br />
"Ma io lo so. Il mondo non ti offre molte scelte." Pensava di riuscire<br />
a tenerlo con sé? Di dargli a intendere che doveva riconsiderare l'idea<br />
di andarsene? Si sentiva terribilmente impotente.<br />
"Che maniera generosa di porre la questione."<br />
"Ovviamente tu credi nella pena capitale." Jessie considerava i fatti<br />
palesi e le varie implicazioni.<br />
"E' una domanda?"<br />
"E' piuttosto un soggetto di riflessione adeguato."<br />
"Vedo che la riflessione ti risulta dolorosa."<br />
"Felham." Dopo quella sera trascorsa insieme, si sentiva a suo agio<br />
chiamandolo per cognome. Forse sentiva necessaria la dissociazione<br />
dalla persona reale, o forse tendeva in quella direzione per proteggersi.<br />
"Cosa ti aspetti?"<br />
"Non mi aspetto proprio nulla da te. Ti sono grato per questa sola<br />
notte."<br />
"Magnifico. Beh, non è lo stesso per me. Non sono una-" si bloccò.<br />
Poi "-anch'io. Scusami per poco fa."Avanti, digli la verità! le diceva la<br />
sua voce interiore. "Hai idea del numero di uomini a cui ho voltato le<br />
spalle? Esiste un freno in me, ah merda, chiamiamola pure dignità - perché<br />
questo è quel che era, è proprio il modo in cui volevo essere, la mia<br />
vita, i miei ideali, cosa credi che stia cercando di fare aiutando i bambini<br />
a venire al mondo? Dovrò pur ricevere qualcosa-" e lui percepì una<br />
difesa frammentata della sua visione del mondo, che piombò nella parte<br />
più profonda del suo cuore. Lei girò la testa verso il suo profilo nel tentativo<br />
sommesso di ostacolare la sua partenza. "Mi piaci davvero. Non è<br />
possibile, non in un mondo sano di mente; ma questo non è un mondo<br />
sano di mente. Per favore..." disse, incapace di concludere la frase,<br />
totalmente smarrita, senza meta. "Sono anche molto dispiaciuta." Non<br />
sapeva nemmeno per che cosa, esattamente.<br />
Rimasero entrambi in silenzio per un poco. Lui tornò verso il letto<br />
e si sfiorarono quasi con timore, come frenati dall'intrusione degli evidenti<br />
ostacoli posti innanzi a qualsiasi discorso sul futuro. Finché, infine,<br />
lei contrastò quella triste atmosfera: "Ti rivedrò mai?" In lei pulsava<br />
la flebile volontà di fronteggiare tutte quelle immense difficoltà, il peso