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Michael Tobias | 154<br />
come se stesse brandendo un mestolo da the, e mormorava a bassa voce<br />
le parole, Questo è il momento esatto, Mi lancio in alto nel paradiso...<br />
Nonostante la sua distrazione, il Sensei aveva sentito tutta la conversazione,<br />
aveva visto Jerrasi aprire il portafoglio e ora attendeva l'incontro<br />
con insospettabile risolutezza.<br />
Il Sensei o Maestro era un uomo calvo, dal collo spesso, appesantito<br />
da coltri di broccato orientale, dragoni di seta in rilievo, che si circondava<br />
di un apparato di cose che indicavano forze opposte, l'ascetico<br />
e il lussuoso, design essenziale, decorazioni elaborate, unità di spazio e<br />
molteplicità di simboli. Una compressione di contraddizioni che Jerrasi<br />
notò e fiutò nell'uomo massiccio che gli si muoveva davanti sospettoso.<br />
"Proprio una gran bella spada" disse, schivando un movimento che<br />
avrebbe potuto far male, se il Sensei avesse voluto: "Si chiama Kendo",<br />
sbottò il Sensei "mi aiuta a rilassarmi."<br />
Poi si esibì in una serie di passi di danza, una coreografia che simulava<br />
le foglie autunnali, il vuoto, una roccia, il collo di un bue. I suoi movimenti<br />
erano aggraziati anche se asimmetrici, animati da un tocco leggero<br />
e giocoso che suggeriva al tempo stesso odio e freno alla passione.<br />
"L'arma è registrata?" chiese Jerrasi.<br />
"Non è un'arma. Poesia in forma d'acciaio" rispose umilmente il<br />
Sensei, riponendola in una scatola in legno foderata di velluto, posta su<br />
di un altare spartano all'ingresso dello studio.<br />
Jerrasi estrasse dalla tasca la fotografia di un’ Aston-Martin.<br />
"Ha mai visto una macchina come questa?" chiese al Maestro. "Ci è<br />
stato segnalato che qualcuno che guida questa macchina viene qui di<br />
frequente. E' un'Aston-Martin".<br />
"Bella macchina", replicò l'uomo, studiando la fotografia e poi studiando<br />
Jerrasi. Poi scosse il capo con un gesto che l'altro interpretò subito<br />
come una irridente noncuranza. "Non l'ho mai vista."<br />
"Abbiamo avuto una chiamata da uno dei suoi studenti. Ha detto che<br />
era qui qualche giorno fa."<br />
"Potrebbe essere. Perché non chiede allo studente? Io non l'ho mai<br />
vista."<br />
Jerrasi era furioso, dondolava la testa con il ghigno ostile dell'incredulità<br />
che voleva dire: perché stai proteggendo un mostro, tu ipocrita<br />
pezzo di Merda Zen! Ritornò dentro, ed alzò gli occhi al soffitto rivestito<br />
da pannelli in teak di forma ellittica, finemente decorato con motivi<br />
orientali. "Chi è il suo falegname?", chiese Jerrasi.<br />
"Mr Goro. Di Kyoto", rispose calmo il Sensei.<br />
"Quanto mi costerebbe farmi decorare una casetta così? Anche con<br />
il cortiletto. Insomma, cosa direbbe così, a occhio?"<br />
La Legge di Felham | 155<br />
"Circa un milione di dollari", sorrise il Maestro.<br />
"Già, me l'immaginavo... beh, mi lasci mostrarle ancora una volta<br />
questa fotografia. Ora guardi bene da vicino." Jerrasi era furente. Un fottuto<br />
milione di dollari per quei ghirigori da finocchi?<br />
Il Sensei esaminò l'immagine con il desiderio contenuto, nervoso e<br />
molto poco da Buddha di comprarsi proprio quella macchina.<br />
"Non c'è niente che le ricorda qualcosa?"<br />
"Mi dispiace davvero."<br />
"Perché ho l'impressione che non mi stia dicendo tutto?"<br />
"Non c'è niente da dire."<br />
Kani Roshi conosceva molto bene la persona a cui apparteneva l'auto.<br />
Era l'uomo che aveva iniziato alla cerimonia del tè e all'arte del bushido.<br />
Aveva ricevuto l'equivalente di una confessione da Felham.<br />
C'era stato un tempo in cui i due uomini combattevano con le spade<br />
nella foresta di sequoie lì intorno. Roshi aveva intuito di aver a che fare<br />
con un vero combattente, un mercenario, un uomo dai molti segreti.<br />
Roshi stesso aveva avuto la sua parte di clandestinità sul Pacifico, dove<br />
lo Zen Rinsei, con la sua introspezione accumulata attraverso secoli<br />
tutt'altro che pacifici, era stato messo alla prova.<br />
Aveva insegnato a Felham quando arretrare e quando avanzare; i due<br />
condividevano silenzi e ambiguità. Si erano compresi fin dall'inizio,<br />
indovinando che, dietro alla sobria facciata, c'era una ragnatela letale di<br />
demoni e complotti sconosciuti.<br />
Roshi era entrato lentamente nell'orbita di Felham, catturandone furtivamente<br />
la fiducia, non facendo domande, non volendo sapere. Gli piaceva<br />
quel guerriero e, da un punto di vista morale, era tenuto al silenzio.<br />
In Jerrasi, aveva riconosciuto un soggetto rozzo, ostile ed evasivo e<br />
non aveva avuto alcuno scrupolo nel mentirgli.<br />
"L'uomo che cerchiamo è un omicida di massa. Sono certo che avrete<br />
un'espressione per definirlo, in Giappone. Qua da noi, proteggere un<br />
criminale del genere è un reato molto grave".<br />
"In Giappone un crimine del genere è impensabile".<br />
"Beh, le cose stanno così!" I due uomini si guardarono.<br />
"Se le viene in mente qualcosa, questo è il mio biglietto."<br />
Poi Jerrasi mostrò la foto alla mantide in meditazione che era rimasta<br />
in piedi davanti alla porta. Anche lui mostrò di non sapere assolutamente<br />
nulla di un'auto del genere.<br />
Jerrasi gli chiese se ci fosse qualcuno al centro che avesse particolare<br />
riguardo per gli animali.<br />
"Naturalmente, qui tutti noi amiamo gli animali."<br />
Jerrasi uscì e rintracciò il giardiniere.