La dimensione etica della politica - Istituto Luigi Sturzo
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Marco Ricceri<br />
di integrazione. Gli stessi trattati di Roma del 1957, ad esempio, con la nascita<br />
delle Comunità Europee, (la CEE ed EURATOM che si aggiunsero alla CECA,<br />
già operativa dal 1951), furono sbloccati e siglati solo dopo gli avvenimenti del<br />
1956, caratterizzato dalle repressioni delle rivolte popolari in Polonia e Ungheria e<br />
dal fallimento dell’ultima vicenda imperialista in occasione <strong>della</strong> crisi del canale di<br />
Suez, la spedizione in Egitto di Francia e Gran Bretagna. Negli anni ’70, gli impulsi<br />
esterni vennero dalla crisi del dollaro e del petrolio e da quei movimenti di<br />
contestazione giovanile che in tutto il mondo occidentale cambiarono mentalità,<br />
stili di vita, modo di fare <strong>politica</strong>. L’avvio di un primo coordinamento tra le monete<br />
(il famoso “serpente monetario”, poi dello SME – Sistema Monetario Europeo),<br />
i prime progetti concreti di unione economica e monetaria (Rapporto Werner) di<br />
Unione europea (Rapporto Tindemans) e soprattutto, le prime elezioni dirette del<br />
Parlamento europeo (1979) sono legati indubbiamente a quei cambiamenti di<br />
scenario. Così è stato anche al termine degli ani ’80, con le risposte date alla caduta<br />
del muro di Berlino e alla dissoluzione dell’URSS, risposte segnate dalla nascita<br />
dell’Unione Economica e Monetaria, <strong>della</strong> moneta unica, dell’allargamento a 27<br />
Stati membri e di un nuovo sistema di governance. C’è, insomma, da valutare<br />
questo dato storico che ha visto sempre il nostro continente rispondere con “più<br />
Europa” alle sollecitazioni esterne. Anche se il progetto attuato finora è ben lontano<br />
dalle aspettative e sollecitazioni degli europeisti, non vi è dubbio che la consapevolezza<br />
crescente <strong>della</strong> grande integrazione di sistema ha finito in ogni occasione<br />
per produrre azioni positive di crescita, non di arretramento, del cammino europeo.<br />
<strong>La</strong> seconda considerazione, di carattere economico, riguarda la natura <strong>della</strong><br />
crisi, che stiamo attraversando, la sua origine ed evoluzione attuale. <strong>La</strong> crisi è iniziata<br />
come crisi finanziaria, ma si è evoluta successivamente come crisi economica,<br />
quindi produttiva, quindi occupazionale e sociale. Siamo, cioè, di fronte ad un<br />
processo che ha finito per investire numerosi ambiti <strong>della</strong> società: l’economia, il livello<br />
di reddito e dei consumi <strong>della</strong> gente, le condizioni sociali, lo stile di vita, la fiducia<br />
dei cittadini nei confronti delle istituzioni e degli attori dello sviluppo, la base<br />
del consenso politico. È lettura comune che si tratta di una crisi non congiunturale,<br />
ma strutturale, cosa che rende assai difficile fare delle previsioni serie e valide<br />
sul futuro. In ogni caso l’esperienza ha dimostrato che quando accadono crisi di tipo<br />
strutturale i vari sistemi entrano in una situazione nuova, piena di variabili imponderabili,<br />
di cui è praticamente impossibile immaginare lo sbocco finale; ma è<br />
certo che ne escono profondamente trasformati rispetto alla situazione iniziale. In<br />
queste condizioni, la grande scienza economica fa un passo indietro perché la ri-regolazione<br />
di un sistema investe i rapporti tra interessi ed esigenze complesse, antiche<br />
e nuove, che solo la <strong>politica</strong> può rappresentare, con i valori di riferimento <strong>della</strong><br />
convivenza civile. Come il sistema di cui fa parte, il modello sociale europeo è investito<br />
in pieno dalle trasformazioni strutturali in atto ed è obbiettivamente diffici-<br />
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Civitas / Anno VIII - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2011