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La dimensione etica della politica - Istituto Luigi Sturzo

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<strong>La</strong> famiglia rimane così in bilico sul crinale che separa e unisce al tempo stesso<br />

due tipi di solidarietà – per sintetizzare: particolaristica e universalistica; ristretta e<br />

allargata; destinale e libera –; e conseguentemente due impostazioni dell’<strong>etica</strong><br />

stessa.<br />

Dall’alternativa tra una solidarietà che neppure si pone il problema di articolarsi<br />

rispetto alla famiglia, identificandosi con l’unità di un gruppo compatto e interdipendente,<br />

e una solidarietà che rifiuta il modello familiare perché si è liberata<br />

infine dei propri lacci etnocentrici in virtù <strong>della</strong> responsabilità per l’altro in quanto<br />

altro, si esce solo con un rovesciamento. In forza di questo rovesciamento si è costretti<br />

a ritornare ancora una volta sulla famiglia e sul tipo di rapporti di solidarietà<br />

che mette in atto. Tralasciando la considerazione dei mutamenti epocali e delle trasformazioni<br />

sociali, si deve contestare che la famiglia sia un luogo etico identitario,<br />

in senso ristretto, particolaristico e privato.<br />

Comunità precisa, con volti e nomi propri, ma di persone che manifestano già<br />

in questo legame elettivo la responsabilità per l’altro in quanto altro – l’altra persona,<br />

l’altro genere, l’altra generazione, l’altro nella diversità dei tempi e delle avventure<br />

<strong>della</strong> vita – che è insieme la radice e la mappa dei percorsi stessi <strong>della</strong> solidarietà<br />

umana.<br />

Prima, però, bisogna arrivare fino al punto dell’attuale implosione tra un’<strong>etica</strong><br />

<strong>della</strong> famiglia e un’<strong>etica</strong> <strong>della</strong> solidarietà, certo non per narrarne la storia: per denunciarne<br />

piuttosto le ostinate premesse, che si distribuiscono equamente sui campi<br />

avversi; per recuperarne le intime possibilità.<br />

Popoli come famiglie<br />

Franco Riva<br />

Il punto di implosione tra un’<strong>etica</strong> <strong>della</strong> famiglia e un’<strong>etica</strong> <strong>della</strong> solidarietà si<br />

prepara lentamente attraverso storie e vicende di linguaggi che sono ogni volta comuni<br />

e distanti, lasciando sullo sfondo immutata l’immagine <strong>della</strong> famiglia. Nel<br />

suo punto contemporaneo di arrivo, questa storia rappresenta per la solidarietà<br />

l’attrito teorico tra chi ne ribadisce ad oltranza il modello familiare e chi invece lo<br />

incrimina direttamente. Storia stessa dei trapassi epocali, se è vero quanto scrive<br />

Jean-Francois Lyotard parlando del «legame sociale» in prospettiva postmoderna,<br />

quando i legami tradizionali si sono frantumati e si è guadagnata la consapevolezza<br />

<strong>della</strong> propria irriducibile individualità: anche se per qualcuno «il sé» può apparire<br />

troppo «poco» rispetto ai legami del passato, pur tuttavia non è poi così «isolato»<br />

perché «coinvolto in un tessuto di relazioni più complesse e mobili che mai» 5 .<br />

2002, p. 117; cfr. Id., Riconoscimento e disprezzo. Sui fondamenti di un’<strong>etica</strong> post-tradizionale, Rubbettino,<br />

Soveria Mannelli 1993; P. Ricoeur, Percorsi del riconoscimento, R. Cortina, Milano 2004, pp. 213 ss.<br />

5 J.-F. Lyotard, <strong>La</strong> condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano 1994, p. 32.<br />

Civitas / Anno VIII - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2011<br />

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