La dimensione etica della politica - Istituto Luigi Sturzo
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Giuseppe Sangiorgi<br />
aspetti <strong>della</strong> vita civile. Un antico patrimonio di legami comportamentali, affettivi,<br />
relazionali si è consumato e ad esso non si sa che cosa sostituire nei comportamenti<br />
individuali e collettivi: è un problema di identità personale e di identità nazionale<br />
anche in rapporto alla <strong>dimensione</strong> europea nella quale viviamo.<br />
Contro le paure che derivano da tutto questo, contro la rassegnazione che spesso<br />
ne consegue l’emergenza educativa va trasformata in una sfida educativa: significa<br />
porre al centro l’innovazione sociale come fattore di sviluppo, per ritrovare un<br />
nuovo e condiviso senso <strong>della</strong> nostra cittadinanza e <strong>della</strong> nostra appartenenza a una<br />
storia comune. I due progetti politici di centro destra e di centro sinistra che si sono<br />
confrontati negli ultimi vent’anni nel Paese, nei loro valori di riferimento sono stati<br />
sostanzialmente acattolici. Il debito pubblico è continuato a salire, ma insieme con<br />
esso sono cresciute le disuguaglianze. Il dato demografico è il riscontro più evidente<br />
di un Paese che non crede al proprio futuro e dunque non investe in se stesso.<br />
Opzione <strong>politica</strong><br />
<strong>La</strong> <strong>politica</strong> è di per sé <strong>dimensione</strong> internazionale dei problemi europei e mondiali.<br />
Una cultura di governo che non sia permeata integralmente da questa visione<br />
è destinata ad arenarsi nelle secche del provincialismo. Tanto più per i cattolici, per i<br />
quali la <strong>politica</strong> è esercizio di carità e la carità, insegna Antonio Rosmini, è per sua<br />
natura universale. Dunque una tale visione internazionale dei problemi è la prima<br />
riaffermazione da compiere. C’è poi da considerare l’aspetto dei partiti, che <strong>della</strong><br />
<strong>politica</strong> sono il principale strumento. Rispetto al modo attuale di elaborazione delle<br />
loro proposte, di selezione dei quadri, di democrazia interna e di finanziamento <strong>della</strong><br />
loro esistenza, i partiti rappresentano oggi il lato oscuro <strong>della</strong> democrazia italiana.<br />
Questo essere diventati il lato oscuro <strong>della</strong> nostra democrazia è il punto nevralgico<br />
<strong>della</strong> crisi. Occorre ripartire dall’articolo 49 <strong>della</strong> Costituzione determinando<br />
l’aspetto economico e la natura giuridica che ai partiti deriva dal loro ruolo: “Tutti<br />
i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con<br />
metodo democratico a determinare la <strong>politica</strong> nazionale”. Una “operazione verità”<br />
su ciò che il Paese non può più permettersi di essere, vivere di rendite e di consumi<br />
invece che di lavoro e di investimenti, deve iniziare da ciò che i partiti per primi<br />
non possono più essere: gerarchie oligarchiche che vivono di cooptazione invece<br />
che di ricambio reale del proprio personale e di maturazione condivisa dei propri<br />
progetti. <strong>La</strong> democrazia è il tempo <strong>della</strong> decisione, spiegava Aldo Moro: è il tempo<br />
necessario perché una proposta guadagni il necessario consenso per diventare iniziativa<br />
<strong>politica</strong>. Questo non può non riflettersi sul modo di essere dei partiti.<br />
Ecco dunque le cinque opzioni: una concezione <strong>della</strong> democrazia che sia insieme<br />
rappresentativa e partecipativa; uno sviluppo delle autonomie che si svolga<br />
dentro e insieme al processo unitario e non fuori e contro di esso; una riconversione<br />
dell’apparato produttivo nella direzione dell’economia civile di mercato; un<br />
nuovo e condiviso senso di cittadinanza e di appartenenza come sfida culturale<br />
Civitas / Anno VIII - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2011<br />
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