La dimensione etica della politica - Istituto Luigi Sturzo
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Franco Riva<br />
sere saldato nei confronti dei vivi. <strong>La</strong> solidarietà diventa così la legge istitutiva <strong>della</strong><br />
convivenza perché, mentre lo riconosce pubblicamente, prescrive l’estinzione –<br />
inestinguibile – del debito sociale 32 .<br />
Nel fare del concetto di debito il suo punto di forza, l’umore sacrificale <strong>della</strong><br />
solidarietà traspare di per sé, e con un linguaggio intriso dal riferimento alla famiglia:<br />
il debito reciproco, il culto degli antenati, la parentela, i morti e i vivi, il contesto<br />
sacrificale. A partire da una certa immagine di parentela umana, si trasferiscono<br />
dunque sulla solidarietà, e sulla stessa socialità, concetti come appartenenza, debito,<br />
vincolo, restituzione, che ingabbiano il discorso sulla solidarietà tra debiti e<br />
doveri, tra sacrifici e obblighi. <strong>La</strong> solidarietà si fa così un immolarsi sublimato e regolamentato,<br />
se è vero che l’agire solidale «per spirito di sacrificio» si differenzia dagli<br />
altri stili, specie da quello contrattualistico, perché non si tratta più di «assumersi<br />
una parte “equa” nel mettere a disposizione un bene, il cui bilancio fra utili e<br />
costi sia positivo per tutti, bensì di fare un sacrificio, vale a dire di porsi in una condizione<br />
peggiore a vantaggio di altri» 33 .<br />
Il linguaggio parentale adottato dalla solidarietà la conduce ora verso una deriva<br />
sacrificale, che si riempie via via di debiti e di obblighi, di insolvenze e di restituzioni,<br />
come se essere solidali equivalesse a sacrificarsi: a cercare, direttamente, il<br />
proprio svantaggio. Dietro a questo linguaggio rispunta ancora una volta l’idea appartenenza<br />
come risolutiva per la solidarietà. In breve, il sacrificio si motiva nel debito<br />
e il debito nel legame parentale. Dietro a tutto questo, però, sta di nuovo la retorica<br />
<strong>della</strong> coesione e dell’appartenenza dell’umano pensate in riferimento a comunità<br />
chiuse; e l’equivalenza scorretta tra famiglia e ristrettezza.<br />
Jürgen Habermas ha denunciato il carattere ricattatorio dell’osmosi tra il linguaggio<br />
<strong>della</strong> solidarietà e quello parentale, nonché l’insistenza totalitaria sull’unità<br />
sociale trovata intorno ai concetti di debito e di sacrificio: infatti, il «carattere di disponibilità<br />
coatta al sacrificio per un sistema collettivo di autoaffermazione» emerge<br />
ad «ogni momento nelle forme di solidarietà premoderne». Tanto l’osmosi linguistica,<br />
quanto la disponibilità forzata al sacrificio è tipico <strong>della</strong> solidarietà premoderna<br />
dove prevale l’idea dell’unità dell’umano nel senso di un compattamento.<br />
E più che la disponibilità in sé, per il sacrificio risulta ancora più grave il fatto che<br />
una solidarietà di questo genere lo richieda in modo coatto. Habermas mette in un<br />
certo senso a nudo il fatto che una solidarietà etnocentrica, e una famiglia cellulare,<br />
vivono sullo sfondo di un’unità organica del sociale, con tutti i disastri totalitari<br />
che ne conseguono: «con la formula “Tutti per uno e uno per tutti” può concordare<br />
la formula “Führer comanda, noi ti seguiamo” – come durante la mia giovinezza<br />
si leggeva sulle colonne destinate alle affissioni <strong>della</strong> Germania nazista – perché<br />
32 Cfr. L. Bourgeois, Solidarité, cit., pp. 116 ss.<br />
33 M. Baurmann, Solidarietà come norma sociale e costituzionale, in K. Bayertz, M. Baurmann,<br />
L’interesse e il dono, cit., p. 62.<br />
Civitas / Anno VIII - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2011<br />
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