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La dimensione etica della politica - Istituto Luigi Sturzo

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Marco Ricceri<br />

dei cittadini europei sul proprio futuro e, fatto ancor più grave, indeboliscono la<br />

propria identità e ruolo sociale. Tutte condizioni che riducono sempre più proprio<br />

quella partecipazione attiva che dovrebbe assicurare anche un nuovo impulso alle<br />

attività economiche.<br />

Mancanza di valutazione delle disuguaglianze economiche e sociali<br />

– Inoltre, nell’affrontare le cause strutturali, il documento non tiene conto che<br />

i veri limiti dello sviluppo europeo stanno nel progressivo accentuarsi delle disuguaglianze<br />

economiche e sociali, tra le cause principali dell’aumento continuo del<br />

disagio e <strong>della</strong> precarietà sociale. <strong>La</strong> dimostrazione di questo fatto sta proprio in<br />

quanto è avvenuto nel decennio appena concluso, prima del 2008, cioè prima dell’esplodere<br />

<strong>della</strong> crisi economica e finanziaria.<br />

Prima <strong>della</strong> crisi, la forte e diffusa crescita economica aveva indubbiamente aumentato<br />

il livello di occupazione e di benessere generale. Anche il livello <strong>della</strong> spesa<br />

sociale degli Stati membri era rimasto costante ed elevato, attestato su una media<br />

europea del 27% del PIL. Ma tutto ciò non ha impedito che proprio negli anni<br />

dell’espansione e <strong>della</strong> crescita si continuasse a registrare anche un aggravarsi dei fenomeni<br />

del degrado sociale, un forte incremento <strong>della</strong> povertà, del rischio di povertà,<br />

<strong>della</strong> precarietà sociale.<br />

È proprio il parallelismo tra crescita <strong>della</strong> precarietà sociale e <strong>della</strong> povertà, da<br />

un lato, e crescita economica e produttiva, dall’altro, che dimostra come il tipo di<br />

crescita perseguito con la precedente strategia di Lisbona 2000-2010 fosse un fenomeno<br />

viziato dalla mancanza di correttivi efficaci sia sul fronte di una reale qualificazione<br />

del lavoro, sia sul fronte <strong>della</strong> composizione degli squilibri sociali. Le vere<br />

cause del degrado sociale si trovano, dunque, soprattutto nelle carenze e distorsioni<br />

che caratterizzano i due fattori: l’organizzazione del lavoro (con riferimento al<br />

modo in cui è promossa dalle imprese) e le politiche di coesione sociale (con riferimento<br />

alle disuguaglianze nella distribuzione dei redditi e la scarsa qualità <strong>della</strong><br />

spesa sociale). Sono i punti che la nuova strategia di sviluppo EU 2020 evita di affrontare<br />

in modo adeguato.<br />

Ovviamente questi fenomeni di degrado sociale si sono accentuati negli anni<br />

successivi <strong>della</strong> crisi; e il forte impegno di spesa sociale degli Stati sviluppato in termini<br />

aggiuntivi per fronteggiare l’emergenza – un impegno che i sindacati europei<br />

hanno definito l’European social revival – non è stato sufficiente a segnare una<br />

qualche inversione di tendenza. Anche questo fatto conferma che non è tanto la<br />

quantità <strong>della</strong> spesa sociale ad incidere sui livelli di precarietà, quanto la sua qualità<br />

ed il modo in cui sono interpretate e promosse le politiche di coesione sociale.<br />

Contraddizione con le valutazioni di documenti precedenti<br />

– Questi limiti nella impostazione <strong>della</strong> nuova strategia di sviluppo EU 2020<br />

adottata dall’Unione, presentano, anche in modo sorprendente, un forte elemento di<br />

Civitas / Anno VIII - n. 2-3 - Maggio-Dicembre 2011<br />

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