Giorgio Marincola e la missione “Bamon” - Istituto per la storia della ...
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attività dell’<strong>Istituto</strong><br />
Quello che il film mostra è <strong>la</strong> guerra trasformata<br />
in un gioco crudele che, nel mettere<br />
in scena <strong>la</strong> casualità del<strong>la</strong> morte e l’ingiustizia<br />
subita dai più deboli, diventa una lucida<br />
metafora del<strong>la</strong> vita.<br />
Kubrick, senza facili sentimentalismi, né<br />
retorica, costruisce un film duro e coinvolgente,<br />
in cui spicca <strong>la</strong> figura del colonnello<br />
Dax (Kirk Doug<strong>la</strong>s) che, non avendo rinunciato<br />
al<strong>la</strong> sua umanità, pur sconfitto nel suo<br />
tentativo di salvare dal<strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione degli<br />
innocenti, emerge come vincitore da un punto<br />
di vista morale.<br />
Anche “Uomini contro”, di Rosi, tratto da<br />
“Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu,<br />
scaglia una dura critica nei confronti delle<br />
gerarchie militari, mettendo in scena, non<br />
senza a volte un eccesso di retorica che va<br />
a scapito del<strong>la</strong> credibilità dei <strong>per</strong>sonaggi, <strong>la</strong><br />
vera e propria follia del generale Leone.<br />
Animato da una cieca adesione ai concetti<br />
astratti di vittoria, patria e nazione, ai quali<br />
sacrifica senza esitazioni <strong>la</strong> vita dei propri<br />
soldati, il generale incarna lo sfrenato militarismo<br />
delle gerarchie militari, unito ad una<br />
totale incapacità strategica e all’inadeguatezza<br />
a ricoprire un ruolo di comando.<br />
Film di formazione, poiché segue <strong>la</strong> progressiva<br />
presa di coscienza dell’orrore e del<strong>la</strong><br />
brutalità del<strong>la</strong> guerra da parte del tenente<br />
Sassu, inizialmente interventista e convinto<br />
del<strong>la</strong> giustezza del conflitto, “Uomini contro”<br />
si qualifica come o<strong>per</strong>a dichiaratamente<br />
politica, poiché rappresenta, nel<strong>la</strong> contrapposizione<br />
tra il potere assoluto dei comandanti<br />
e <strong>la</strong> totale sotto<strong>missione</strong> delle truppe,<br />
l’ingiusta divisione in c<strong>la</strong>ssi del<strong>la</strong> società.<br />
Mediante il <strong>per</strong>sonaggio politicizzato del<br />
tenente Ottolenghi (Gian Maria Volontè), che<br />
invita i soldati a sparare sul loro generale,<br />
unico vero nemico, Rosi mette in scena <strong>la</strong><br />
necessità di un rovesciamento del<strong>la</strong> situazione,<br />
di una vera e propria rivoluzione che<br />
porti al<strong>la</strong> conquista del comando da parte<br />
dei soldati. La vita grama di questi contadini<br />
e proletari, mandati a morire in una guerra<br />
di cui non comprendono le ragioni, può<br />
cambiare solo con una loro ribellione all’ingiustizia<br />
di cui sono vittime, tanto dentro<br />
quanto fuori <strong>la</strong> trincea.<br />
Venerdì 7 novembre si è tenuta <strong>la</strong> terza<br />
lezione del corso nel<strong>la</strong> quale, analizzando i<br />
film “Addio alle armi” (1932), di Frank Borzage,<br />
e “La grande guerra” (1959), di Mario<br />
Monicelli, Paggi ha posto l’accento sul<strong>la</strong><br />
quotidianità del<strong>la</strong> guerra, sul fatto che, anche<br />
nel<strong>la</strong> eccezionalità del conflitto, <strong>la</strong> vita<br />
continua a scorrere e, accanto all’orrore e<br />
al<strong>la</strong> morte, possono trovare spazio tanto l’amore<br />
romantico, come nel film di Borzage,<br />
quanto le piccole vicende quotidiane del<strong>la</strong><br />
vita dentro e fuori <strong>la</strong> trincea, come nel film<br />
di Monicelli.<br />
Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Hemingway,<br />
a cui rimane sostanzialmente fedele,<br />
“Addio alle armi”, nel raccontare <strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />
di un amore contrastato tra un soldato<br />
americano e un’infermiera inglese, destinata<br />
a finire tragicamente con <strong>la</strong> morte di lei,<br />
utilizza i toni c<strong>la</strong>ssici del melodramma <strong>per</strong><br />
mostrare indirettamente <strong>la</strong> guerra e <strong>la</strong> sua<br />
capacità distruttiva. Il sogno d’amore che<br />
non si realizza <strong>per</strong> i due protagonisti diventa<br />
una metafora del<strong>la</strong> guerra stessa, che impedisce<br />
che qualcosa di positivo possa essere<br />
costruito.<br />
Pur facendo da sfondo al<strong>la</strong> vicenda romantica<br />
e pur essendo mostrata esplicitamente<br />
solo in poche scene di battaglia, <strong>la</strong><br />
guerra è sempre presente come minaccia incombente,<br />
in quel<strong>la</strong> che può essere definita<br />
una vera e propria dichiarazione di poetica<br />
di Borzage: <strong>la</strong> guerra non si vede, ma si <strong>per</strong>cepisce,<br />
filtrata attraverso i titoli dei giornali,<br />
<strong>la</strong> frequente presenza di feriti e moribondi, i<br />
discorsi dei <strong>per</strong>sonaggi, dai quali emergono<br />
una critica al<strong>la</strong> retorica nazionalista e un<br />
antimilitarismo di fondo.<br />
a. XXIX, n. s., n. 1, giugno 2009 123