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Giorgio Marincola e la missione “Bamon” - Istituto per la storia della ...

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I giorni del<strong>la</strong> raf<br />

fine <strong>per</strong>ò no, era <strong>per</strong>icoloso anche muoversi,<br />

non si poteva più. E lì prima, prima dell’8<br />

settembre, son venuti giù sempre ’sta gente,<br />

uno tirava l’altro. Dicevano: “Abbiamo<br />

trovato una famiglia dove hanno patate e si<br />

possono...”. Che noi andavamo a cavar patate<br />

e poi venivamo a casa coi soldi e senza<br />

neanche una patata... La gente aveva fame,<br />

<strong>per</strong>lomeno faceva bollire le patate.<br />

Arriva il 25 luglio, “Meno male, cambierà<br />

qualcosa”. Invece... [...]. Era una roba assurda,<br />

non si poteva, noi che avevamo <strong>la</strong> roba<br />

<strong>la</strong> dovevamo consegnare col prezzo che stabilivano<br />

loro eh! C’erano cinque mucche<br />

nel<strong>la</strong> stal<strong>la</strong> e una bisognava dar<strong>la</strong> all’ammasso,<br />

con <strong>la</strong> stupidata che ci davano. Mi ricordo<br />

che una volta c’era un bel vitello che<br />

avevamo allevato e l’han dovuto portar via,<br />

le altre bestie non si poteva <strong>per</strong>ché facevano<br />

il <strong>la</strong>tte e il <strong>la</strong>tte era un frutto che non bisognava<br />

tra<strong>la</strong>sciare <strong>per</strong>ché c’erano poi i vitellini<br />

da ingrassare e vendere. L’han dovuto<br />

dar via <strong>per</strong> coprire il fabbisogno di chili di<br />

carne che ogni proprietario doveva dare. Poi<br />

c’era anche quel trucco lì che il macel<strong>la</strong>io,<br />

in questo caso il signor [...] di Prato, io non<br />

gli auguro neanche il male, diceva: “Se volete<br />

salvare <strong>la</strong> bestia i vostri chili ve li do io,<br />

me li dovete pagare mille lire al chilo”... Così<br />

loro si son fatti i miliardi e i poveri tapini si<br />

sono anche un po’ pe<strong>la</strong>ti. Io, come dico, non<br />

siamo andati sotto, a fondo no, <strong>per</strong>ò non si<br />

poteva tanto sbi<strong>la</strong>nciarsi <strong>per</strong>ché le penalità<br />

erano pesantissime. Per esempio il maiale, il<br />

maiale bisognava darlo <strong>per</strong> un quarto all’ammasso.<br />

Non so cosa voglia dire ’sto ammasso,<br />

chi è che lo mangiava poi, ecco! Su<br />

un maiale di centocinquanta chili, cinquanta<br />

bisognava darli a loro e ’lóra cosa si faceva<br />

nascostamente? Si allevavano due ma-<br />

44 Tr.: ti prendeva il discorso al<strong>la</strong> <strong>la</strong>rga.<br />

45 Tr.: “Va là che sei furba”.<br />

iali... Volevano che ci si facesse furbi e ci si<br />

faceva furbi. Il burro, mi ricordo, veniva <strong>la</strong><br />

guardia del paese e mi diceva: “Eh, ciau bel<strong>la</strong><br />

bambina, io ho una nipote come te. Ma sai<br />

che sei carina. Di un po’, neh che <strong>la</strong> tua mamma<br />

ha <strong>la</strong> zango<strong>la</strong>?”... E ce l’aveva. “Ma io<br />

non l’ho mai vista mia mamma, no”. “Ma<br />

non lo fa il burro <strong>la</strong> mamma?”. “Ma io non<br />

l’ho mai visto”. Forse un <strong>la</strong>mpo di furbizia<br />

già da bambina mi veniva, avevo <strong>per</strong>ò già<br />

diciassette o diciotto anni, altro che storie.<br />

Lui con quel<strong>la</strong> <strong>per</strong>fidia, ti ciappava il discorso<br />

al<strong>la</strong> <strong>la</strong>rga 44 , non poteva prenderti sul fatto<br />

e prendeva il giro al<strong>la</strong> <strong>la</strong>rga ecco. “Va là<br />

ch’a téi fürba” 45 . Furba <strong>per</strong> furba... Una<br />

volta è venuto lui e quelli dell’ammasso,<br />

quelli che avrebbero dovuto ritirare <strong>la</strong> roba,<br />

arrivati così di colpo <strong>per</strong> fare una <strong>per</strong>quisizione.<br />

Quel<strong>la</strong> volta lì ho preso un sacco di<br />

mélga a spal<strong>la</strong> e son ’ndata a nasconder<strong>la</strong><br />

nelle pieghe dei vestiti del prete su nel<strong>la</strong><br />

chiesa, <strong>la</strong> chiave ce l’avevo io. E ho nascosto<br />

anche un bel vaso di burro fuso, l’ho portato<br />

su di nascosto, e mio padre dietro a me anche<br />

lui col suo sacco nei paramenti sacri.<br />

Questi sono ricordi nitidi <strong>per</strong>ché si era<br />

sempre lì sugli attenti».<br />

Filippo Colombara: «C’erano anche famiglie<br />

delle altre cascine che facevano così,<br />

che nascondevano?».<br />

“Franca F.”: «Mah, io penso che tutti in<br />

quel <strong>per</strong>iodo... Chi poteva, sì certo, <strong>per</strong>ché<br />

lì non era una frode allo Stato, non c’era<br />

neanche più lo Stato. Lì non era una frode<br />

allo Stato <strong>per</strong>ché mio papà ha sempre pagato<br />

le tasse, ha sempre dato quello che gli spettava<br />

da dare, <strong>per</strong>ò lì si vedeva che poi finivano<br />

chissà dove e chissà a chi... Qualcuno<br />

cominciava a depositare [denaro in banca],<br />

avere case, avere avere. Ecco, allora, dov’è<br />

a. XXIX, n. s., n. 1, giugno 2009 41

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