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Giorgio Marincola e la missione “Bamon” - Istituto per la storia della ...

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saggi<br />

GUSTAVO BURATTI<br />

La sommossa biellese del 27 e 28 luglio 1797<br />

e <strong>la</strong> repressione regia<br />

L’estate del 1797 è caratterizzata da un’insorgenza<br />

contadina sui generis, difficilmente<br />

collocabile nelle moderne categorie di<br />

“sinistra” (rivoluzione) e di “destra” (controrivoluzione).<br />

È un sussulto del<strong>la</strong> società<br />

rurale, condannata da secoli all’emarginazione<br />

ed al<strong>la</strong> miseria, prima dal sistema feudale<br />

e poi da quello borghese-cittadino che,<br />

proprio in quegli anni, sta sostituendosi all’antico.<br />

La situazione economica si aggrava<br />

sempre più, i prezzi dei beni di principale<br />

consumo quadruplicano rispetto al 1791-92,<br />

i raccolti sono pessimi, le paghe dei braccianti<br />

non consentono <strong>la</strong> sussistenza. Infine,<br />

<strong>per</strong>sistono alcuni privilegi feudali, specialmente<br />

nel Pinerolese, dove i valdesi sono<br />

discriminati.<br />

I moti del 1797 sono antigovernativi e <strong>per</strong>tanto<br />

rivoluzionari; pur tuttavia non mettono<br />

in discussione il re, né si <strong>la</strong>sciano dirigere<br />

dagli agitatori giacobini, che pur tentano<br />

di strumentalizzare le rivolte, poiché i contadini<br />

diffidano di costoro - borghesi e talvolta<br />

nobili - riconoscendoli profeti di una<br />

società nuova non certo edificata <strong>per</strong> liberare<br />

il mondo rurale dall’emarginazione e<br />

dal<strong>la</strong> subordinazione. Questi moti sono sostanzialmente<br />

libertari e si collocano emble-<br />

maticamente come l’ultima delle “guerre<br />

contadine” contro il potere feudale, e <strong>la</strong> prima<br />

insorgenza di massa contro coloro che<br />

si apprestano a diventare i nuovi padroni, i<br />

quali, in nome dei diritti dell’uomo, sostituiranno<br />

al potere <strong>la</strong> vecchia c<strong>la</strong>sse dirigente<br />

ormai giunta al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> parabo<strong>la</strong>. I contadini<br />

insorgono quasi sempre senza veri<br />

capi, disordinatamente anche se sincronicamente,<br />

in luoghi lontani tra loro.<br />

I francesi, che si apprestano ad impadronirsi<br />

del Piemonte, del quale già occupano<br />

diverse località e roccheforti, non li favoriscono:<br />

con ragione, dal suo punto di vista,<br />

il Bonaparte diffida delle ribellioni rurali, ritenendo<br />

<strong>la</strong> società piemontese immatura <strong>per</strong><br />

una rivoluzione. L’ambiguità del<strong>la</strong> ribellione<br />

del 1797 può essere <strong>la</strong> chiave di volta <strong>per</strong><br />

meglio comprendere le insorgenze antifrancesi<br />

del triennio successivo, troppo semplicemente<br />

aggiudicate al<strong>la</strong> reazione legittimista.<br />

In effetti, sappiamo che tra gli insorgenti<br />

antifrancesi di Strevi del febbraio 1799 vi<br />

sono alcuni che portano cartelli con <strong>la</strong> scritta<br />

«Viva il Re», «Viva l’Indipendenza», ma<br />

vi sono anche coccarde con le effigi di Marat<br />

e di Le Peletier 1 , a dimostrazione di infiltrazioni<br />

di indipendentisti e di giacobini ra-<br />

1 Lettera del commissario civile presso il governo provvisorio del Piemonte, Ange-Marie<br />

d’Eymar, a Charles-Maurice Talleyrand-Périgord, ex principe ed ex sacerdote (1754-1838),<br />

a. XXIX, n. s., n. 1, giugno 2009 91

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