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forza interiore che, in condizioni di “normalità”, giace nascosta dietro la calma apparente di<br />
ogni individuo. Il grido ha grossomodo due forme di realizzazione, o meglio, presta la sua<br />
potenza a due tipi di macrosensazioni: il supplizio ed il piacere.<br />
Nelle opere degli autori finora considerati questa manifestazione trova molteplici<br />
realizzazioni : il grido e la registrazione degli echi che vengono generati nell’impatto con il<br />
vuoto, con il silenzio, vengono percepiti all’interno dei romanzi di autrici come Leïla<br />
Marouane e Assia Djébar. Prestando l’orecchio ai tipi di grida che emergono dai corpi dei<br />
personaggi delle opere delle due autrici, si può constatare che le urla, anche quando<br />
dovrebbero essere di piacere, mantengono in realtà un fondo oscuro fatto di dolore e odio<br />
esasperati. Ciò che si vuole in questo caso sottolineare è che il clamore acuto del grido, al di<br />
là dello sforzo fisico che sottende e comporta, è, nella maggior parte dei casi, un’arma di<br />
salvezza che protegge le donne dalle ingiustizie della società androcentrica e segregante.<br />
Questo strumento di auto-appropriazione, di rivolta pacifica, rende mobile la voce e il corpo<br />
nel suono stridente che oltrepassa il limite del “normale”, del socialmente “accettabile”.<br />
Nella situazione difficile che le donne devono fronteggiare, spesso la sola allusione<br />
metaforica all’infelicità non basta. La censura del dolore produce un effetto contrario, che si<br />
realizza spesso in una escalation sonora di disperazione : al canto basso o al mormorio<br />
complice del silenzio si sostituisce spesso, in uno scoppio improvviso, un grido straziante.<br />
È disarmante verificare come la nascita stessa della vita si fondi sulle grida: siano esse<br />
quelle del “piacere” (si intenda con questa parola solo la sensazione fisica, che non ha<br />
necessariamente un riscontro gradevole nell’animo) dell’atto del concepimento o quelle<br />
strazianti della partoriente e del neonato. Assia Djébar si sofferma spesso sulla contraddizione<br />
che dilania le famiglie fondate su matrimoni imposti, analizza da vicino il tumulto di<br />
emozioni che segue alla prima notte di nozze delle donne, il grido primitivo, in tutta la sua<br />
nudità, che si leva nella prima notte del corpo-schiavo, nella crudezza della deflorazione.<br />
Une plaie vive s’inscrit sur le corps de la femme par le biais de l’assomption d’une virginité qu’on<br />
déflore rageusement et dont le mariage consacre trivialement le martyre. La nuit de noces devient<br />
essentiellement nuit du sang. Non pas de la connaissance ou à plus forte raison du plaisir, mais nuit<br />
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