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tesi F. Marotta.pdf - EleA@UniSA

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(si pensi, ad esempio, agli episodi di guerra 222 ), prende le distanze dalla tendenza alle<br />

generalizzazioni e contribuisce alla “riabilitazione” della differenza, spesso demonizzata dalla<br />

società patriarcale islamica.<br />

Tra gli autori finora considerati si sono occupati del tema della memoria familiare<br />

principalmente Tahar Ben Jelloun e Assia Djébar. Entrambi affascinati dal ricordo, hanno<br />

tuttavia dato ognuno il proprio taglio particolare alla tematica : Tahar Ben Jelloun, esplorando<br />

le devianze e l’insubordinazione della memoria familiare in individui dalle facoltà intellettive<br />

compromesse e, di conseguenza, il vacillamento del sentimento di appartenenza ; Assia<br />

Djébar, analizzando la trasmissione della memoria come collante tra le generazioni,<br />

soprattutto in quanto pratica femminile.<br />

Dall’osservazione critica delle opere di questi due autori, è emerso quello che ci è<br />

sembrato il percorso naturale della costruzione identitaria nell’ambito magrebino. L’individuo<br />

nasce in una famiglia che si presenta sin da subito come un “noi” chiuso, una struttura<br />

socialmente delimitata e ontologicamente demarcata. In questo contesto limitante, l’Io non ha<br />

grosse capacità di espansione, ma solo la possibilità di sviluppare la propria identità tramite<br />

l’imitazione. Successivamente, attraverso la memoria familiare e il ricordo esercitato dalla<br />

famiglia, l’individuo si identifica come una parte di un tutto più ampio, che ingloba anche la<br />

struttura familiare : l’umma. L’Io è pur sempre parte di un “noi”, ma stavolta più vasto, che<br />

lascia un margine, anche se ristretto, di libertà.<br />

È interessante notare come lo stadio consecutivo per raggiungere la piena realizzazione<br />

dell’identità passi, comunque, attraverso il ricordo e la memoria familiare. In effetti,<br />

adoperando quella che Anne Muxel definisce la « funzione di riflessività », l’Io ragiona sulla<br />

sua storia e sul suo destino e si distacca in maniera critica dal “noi” totalizzante della famiglia<br />

e dell’umma. In altre parole, è solo ragionando sui legami familiari e sulla loro memoria che<br />

222 Interessante, in questo caso, il passaggio di Mon cher fils : « [...] Si les enfants ne cherchent pas de<br />

comprendre, à savoir, s’ils ne posent pas de questions, comment leur raconter sans les ennuyer [...] des histoires<br />

de guerre, de camp, d’exode et de mort qui ne sont pas leur histoire ? Comment ? » « [...] Parler la même langue<br />

ne suffit pas, déjà, un père et sa fille... » in Leïla Sebbar, Mon cher fils, cit., p.61.<br />

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